Un triste precedente a Hong Kong

Redazione

Non sono bastati 75 giorni di protesta, non sono bastati gli scontri violenti delle scorse settimane, non è servito prendersi in faccia lo spray al peperoncino. Nell’ex colonia inglese vince l’“autoritarismo consapevole” della Cina.

Non sono bastati 75 giorni di protesta, non sono bastati gli scontri violenti delle scorse settimane, non è servito prendersi in faccia lo spray al peperoncino. Non è servito nemmeno lo sciopero della fame, iniziato dai leader degli studenti la settimana scorsa e terminato dopo 5 giorni senza alcun risultato. Ieri a Hong Kong la protesta per il suffragio universale e la democrazia è stata spazzata via in poche ore, con gli studenti che hanno deciso di non reagire e di farsi arrestare (i pochi che erano rimasti: la sera prima c’era stata la fuga generale) in segno di protesta. L’ingiunzione di un tribunale ha dato il via libera legale al governo per sgomberare gli studenti e le barricate di Admiralty, nel centro della città, e ieri in serata le macchine hanno ricominciato a circolare dove prima c’erano gli striscioni pro democrazia.

 

In quattro mesi il Maidan di Kiev ha fatto cadere il governo di Yanukovich, ma a Hong Kong in due mesi e mezzo i manifestanti non sono riusciti nemmeno a ottenere un colloquio con i rappresentanti della città. La colpa, certo, è della sproporzione tra le forze degli studenti e la ferocia (fortunatamente inespressa) di Pechino. La protesta, poi, è rimasta paralizzata da un pacifismo sfociato nell’inattività, divisa al suo interno e indecisa sugli obiettivi. I manifestanti erano ragazzi, e il governo li ha trattati come tali: li ha lasciati sfogare e poi li ha rispediti a casa. Ma il fallimento del movimento per la democrazia a Hong Kong è anche colpa dell’occidente, che ha espresso solidarietà, a volte simpatia per gli studenti che facevano i compiti sull’asfalto, ma non ha mai mosso un dito per aiutarli davvero. Per Claire Groden di New Republic, la fine della manifestazione di Hong Kong segna la vittoria dell’“autoritarismo consapevole” del regime cinese. Molte cose sono cambiate dalla repressione di piazza Tiananmen 25 anni fa, oggi il Partito usa tecniche più subdole delle baionette, perfino nella libera Hong Kong. Soprattutto, Pechino sa che oggi nessun governo occidentale rischierebbe di mettere in pericolo i propri legami economici con la potenza cinese per i ragazzi di Admiralty. Per l’occidente democratico, queste proteste fallite sono un brutto precedente.

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