Maurizio Martina (foto LaPresse)

Contro l'agricoltura feudale

Giuliano Ferrara

Il caso di Vandana Shiva, la risposta del ministro dell’Agricoltura, i compiti dell’imminente Expo, che vuole nutrire il pianeta ma con i mezzi “slow” dell’ipercorrettismo alimentare. Una strada sbagliata.

Il ministro delle Risorse agricole, cioè dell’Agricoltura, è persona gentile, si circonda di funzionari informati e sapienti (perché dubitarne?), e difende senza sopracciò una situazione nella quale mostra di stare politicamente e culturalmente un po’ stretto. Certo, un attacco sconsiderato e frontale del Fogliuzzo all’Expo (benemerita istituzione con la quale abbiamo volentieri collaborato con un libretto mirabile di Sandro Fusina) perché non mette alla porta Vandana Shiva, la guru indiana della lotta mortale contro gli organismi geneticamente modificati (Ogm), non può che essere respinto gentilmente (e questo è prezioso) dall’Autorità competente. Va bene. Noi abbiamo le nostre piccole vecchie ragioni “mercatiste”, illustrate e amplificate dallo schiaffo del liberal New Yorker alla Shiva, accusata nientemeno che di aver inventato (di sana pianta, si può dire) dati, circostanze e perfino una inesistente catena di suicidi di massa di contadini indiani “assassinati” dalle multinazionali dell’agricoltura per via di ritrovati tecnologici riguardanti la coltivazione del cotone.

 

Ci piacerebbe scrivere queste cose perché finanziati dalla Monsanto, come dai petrolieri texani e magari dal Pentagono, ma i nostri ricavi vengono per un terzo dai lettori, per un terzo dalla pubblicità, per meno di un terzo dalle sovvenzioni pubbliche benedette e sempre in calo, e una mano ce l’ha data con grazia il nostro amico Berlusconi (così liberale da tollerare perfino il nostro amore per il suo competitore ed erede Matteo, di cui anch’egli è un po’ invaghito). Le scriviamo invece, queste cose, perché ci sembrano per lo meno verosimili. E apprezziamo la risposta di Maurizio Martina, ma ne sottolineiamo la debolezza intrinseca. Qualche studio sul frumento è in corso, ed è bene che sia così (sono un piccolo produttore della materia, ne so qualcosa), ma insomma è incontestabile che da noi si abbia una disposizione bipartisan draconiana che impedisce ricerca e sperimentazione dal vivo, ben più che nel resto d’Europa e nella stessa Francia rompicoglioni e ipercorretta del principio di precauzione. L’Autorità europea in materia (l’indipendente ma certificata Efsa) ha sottolineato che, se è per ragioni socioeconomiche va bene o così così, ma non debbono invocarsi inesistenti ragioni di sicurezza alimentare, afferenti la salute, quando si chiude la porta in faccia alla speranza di ridurre fame e povertà nel mondo, e anche di stimolare ottimi profitti per vaste masse di agricoltori e consumatori e per molte belle multinazionali che fanno ricerca e produzione di Ogm. Abbiamo dato il via alla sperimentazione più cinica sul vivente umano, ma l’ideologia del benessere non prevede deroghe quando si tratti di civiltà umanistica, e dunque di intervento sulla natura.

 

[**Video_box_2**]Il caso di Vandana Shiva, superconsulente dell’Expo, che certo ha altri meriti e le vanno riconosciuti, è un caso di distorsione ideologica, che il New Yorker ha indicato in termini fattuali, con il giornalista Specter difeso a spada tratta dal suo direttore Remnick dall’accusa subdola di razzismo e servaggio alle multinazionali. Non è un caso da poco, e mandare a casa la signora Shiva sarebbe un servizio alla verità e al proposito di “nutrire il pianeta”, che è il titolo dell’Expo milanese. Noi non molleremo, e aspettiamo che da Milano giungano notizie buone e fresche, sebbene la lobby dello slow food e altre lobby siano mobilitate per fare di questo evento internazionale una lunga e noiosa trasmissione di Radiotre, ciò che forse non avverrà perché, come ricorda il ministro, al tavolo dell’Expo siedono anche culture non marginali come quella espressione della fiorente e vigile agricoltura degli Stati Uniti.

 

Come che sia di ciò, è proprio la questione economico-sociale in fatto di agricoltura che andrebbe sollevata tutta intera. Le terre furono occupate, e la terra a chi la lavora era una parola d’ordine comunista fornita di una dignità storica (sebbene ci sarebbe parecchio da dire sulle conseguenze, non solo su quelle positive, visto che non siamo per la servitù della gleba ma nemmeno per il socialismo in un solo paese). La riforma agraria targata Democrazia cristiana, e firmata dal gran signore Antonio, è cosa fatta, e capo ha (sebbene lo stato pietoso dell’agricoltura in Italia, e la intelaiatura feudal-socialista che la soffoca, siano uno scandalo). Insomma chi ha avuto ha avuto. Ma un governo riformista che appartiene a un’altra epoca dovrebbe perendere in mano seriamente il tema: capitalismo in agricoltura. Non potrà fare che bene, al capitalismo e ai campi.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.