Un manifestante contro gli Ogm negli Stati Uniti (Foto AP)

Il terrore sul biotech fa breccia in America, chiedete ai millennial

Redazione

Lo stato delle Hawaii, il cinquantunesimo dell’Unione, ha bandito le coltivazioni ogm alla fine dell’anno scorso. Questa primavera il Vermont, dopo un referendum popolare, ha reso obbligatorio indicare nelle etichette degli alimenti se uno o più ingredienti contiene Ogm.

Roma. Lo stato delle Hawaii, il cinquantunesimo dell’Unione, ha bandito le coltivazioni ogm alla fine dell’anno scorso. Questa primavera il Vermont, dopo un referendum popolare, ha reso obbligatorio indicare nelle etichette degli alimenti se uno o più ingredienti contiene Ogm – ed è un problema, perché in America si stima che l’80 per cento del cibo confezionato contenga Ogm. Alaska, Connecticut e Maine hanno approvato leggi simili, e in decine di altri stati americani (più della metà) sono in esame proposte di legge che cercano di etichettare, limitare, fermare i prodotti ogm. L’America è il luogo dove il successo delle tecnologie ogm si è manifestato più pienamente. Non solo perché anche grazie alle colture geneticamente modificate l’America è una potenza agricola ed esportatrice di derrate (tanto che il bando agli Ogm all’Expo 2015 ha infastidito molto la delegazione americana), ma perché l’introduzione negli Stati Uniti di ingredienti ogm ha compiuto il suo ventesimo anniversario, senza che questo abbia provocato un solo problema né a breve né a lungo termine per la salute dei consumatori. Nessun paese quanto l’America ha buoni argomenti per mostrare come la paura degli Ogm sia irrazionale e priva di basi scientifiche, ma tra iniziative di legge, referendum e sondaggi la retorica del terrore con cui santoni e ambientalisti cercano di contrastare gli Ogm sta facendo breccia anche negli Stati Uniti.

 

L’anno scorso il 93 per cento degli americani si diceva favorevole al “labeling”, a individuare gli ingredienti ogm nelle etichette. Di recente circa un terzo degli americani ha detto a Nielsen che evita di consumare alimenti ogm, anche se la ragione principale è un poco scientifico “non danno l’idea di qualcosa che dovrei mangiare”. Le vendite dei prodotti con la dicitura “Ogm free” sono cresciute del 28 per cento lo scorso anno, e a comprarli c’è un gran numero di millennial, i ragazzi che sono cresciuti insieme alla propaganda contro il biotech e insieme alle campagne antiscienza, e che degli Ogm non riescono a fidarsi. In un sondaggio pubblicato dal Boston Consulting Group il cibo biologico e i prodotti “naturali” sono in cima alla lista degli acquisti dei millennial, molte ricerche mostrano come i nati dopo il 1980 temano gli Ogm più dei loro padri. E il fatto che la prossima generazione di consumatori con cui il mercato dovrà fare i conti non si fidi del modo in cui la stragrande maggioranza del cibo americano è prodotto preoccupa l’industria. Molte grandi aziende, come il produttore di gelati Ben&Jerry’s o la catena di fast food Chipotle (che pubblica spot terrorizzanti sull’agricoltura industriale) sono diventate “Ogm free”. Il gigante General Mills ha creato una linea di cereali Cheerios senza Ogm, e ha appena speso quasi un miliardo di dollari per comprare l’azienda di prodotti biologici Annie’s.

 

Quando un reporter del New York Times è andato alle Hawaii per scoprire le ragioni del bando degli Ogm, ha ricevuto una risposta unanime: “Paura”. Ma anche il bando delle Hawaii ha un’eccezione: la coltivazione della papaya, che senza tecnologie ogm sarebbe devastata da un morbo endemico. Lo hanno riconosciuto anche gli ambientalisti, qualcuno lo dica ai millennial.

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