La locandina del convegno internazionale di mosca su Grossman, dal 12 al 14 settembre

Lo strano destino di “Vita e destino”. Così Grossman torna a casa sua, in Russia

Piero Vietti

Da Torino a Mosca ci sono quasi tremila chilometri di strade, ed è curioso che siano degli italiani a riportare a casa propria un grande scrittore russo cinquant’anni dopo la sua morte. Da dopodomani, venerdì 12, a domenica 14 settembre, la capitale russa vedrà infatti per la prima volta studiosi, critici ed esperti riuniti a discutere l’opera di uno scrittore russo. Mai prima d’ora era successo.

Roma. “Ci sono dei libri leggendo i quali l’uomo, entusiasta, dice a se stesso: anch’io ho pensato così, ho sentito e sento così, anch’io ho vissuto questo”. Forse Vasilij Grossman non immaginava che questa sua frase sarebbe servita a descrivere alla perfezione il tipo di esperienza che si fa leggendo il suo “Vita e destino”, uno dei più grandi romanzi del e sul Novecento. Scrittore sovietico prima esaltato e poi perseguitato dal Cremlino, Grossman moriva la sera del 14 settembre di cinquant’anni fa, dimenticato da molti e destinato a essere ricordato da pochi: il manoscritto del suo “Vita e destino” era stato infatti sequestrato dal Kgb prima di essere pubblicato, nel 1961. Sarà solo molti anni dopo la morte dell’autore che, grazie a due copie che egli stesso aveva dato ad alcuni parenti e a un microfilm, “Vita e destino” arriverà in occidente, facendo inizialmente fatica a trovare un editore. E’ il 1980, ma il romanzo che per George Steiner era destinato a “eclissare tutti i romanzi che in occidente vengono presi sul serio” impiegherà ancora due decenni prima di trovare fama e spazio adeguati. Complice la sua tesi inaccettabile per l’epoca – il male si annida ovunque ci sia dell’ideologia, nazismo e comunismo sono due volti della stessa ferocia totalitaria – “Vita e destino” è stato a lungo un romanzo semi-clandestino, letto da pochi innamorati sparsi per il mondo, e praticamente sconosciuto in Russia, patria di Grossman. I primi a tradurre “Vita e destino” furono svizzeri, seguiti poco dopo dai francesi e dall’italiana Jaca Book, ma dopo un breve periodo di notorietà negli anni Ottanta, nel decennio successivo il romanzo tornò a essere dimenticato. Qualche anno fa Adelphi ne ha finalmente stampato una nuova edizione, anche grazie al lavoro di un gruppo di studiosi e appassionati italiani che a Torino hanno fondato l’unico centro studi al mondo dedicato a Vasilij Grossman.

 

Dal 2006, anno in cui è stata realizzata una mostra su “Vita e destino” che ha poi fatto il giro del mondo (New York, Washington, Mosca, Oxford, Gerusalemme, Buenos Aires, alcune delle città), il Centro studi Vasilij Grossman ha organizzato due convegni internazionali a Torino nel 2006 e nel 2009. Da Torino a Mosca ci sono quasi tremila chilometri di strade, ed è curioso che siano degli italiani a riportare a casa propria un grande scrittore russo cinquant’anni dopo la sua morte. Da dopodomani, venerdì 12, a domenica 14 settembre, la capitale russa vedrà infatti per la prima volta studiosi, critici ed esperti riuniti a discutere l’opera dello scrittore russo. Mai prima d’ora era successo. Al massimo qualche seminario, delle letture pubbliche, una rappresentazione teatrale e, appena l’anno scorso – dopo che dagli archivi del Kgb era saltato fuori il manoscritto originale, quello sequestrato nel 1961 – una serie tv in otto puntate.

 

La genesi di questo convegno è tortuosa – seppur assai meno drammatica – quasi quanto le vicende legate all’arrivo in occidente del microfilm contenente il manoscritto del romanzo. Basti raccontare la vicenda di Robert Chandler, che negli anni Ottanta tradusse in inglese “Vita e destino” e poi quasi se ne dimenticò. Raggiunto e invitato al primo convegno del 2006, Chandler riprese in mano il romanzo per prepararsi e si rese conto di non averlo capito e di averlo tradotto male. Dopo il convegno si rimise al lavoro e fece una nuova traduzione che in questi anni ha venduto tantissimo in tutto il mondo. O la storia di Martin Sixsmith, storico inviato della Bbc a Mosca che consiglia al suo direttore Mark Damazer di leggere “Vita e destino”, il quale si innamora di quelle pagine, le trasforma in uno sceneggiato radiofonico recitato da Kenneth Branagh, viene a sapere dell’esistenza del Centro studi in italia e organizza con loro un convegno a Oxford per lanciare la dramatisation. “Per una serie di casi fortuiti – dice al Foglio Giovanni Maddalena, direttore scientifico del Centro studi e professore di Filosofia della comunicazione e del linguaggio all’Università del Molise, mentre è in partenza per Mosca – dal 2005 in poi varie persone che conoscevano Grossman sono state toccate dalla notizia dell’esistenza del Centro studi e a modo loro hanno ‘rimesso in circolo’ la sua opera”.

 

[**Video_box_2**]Grossman torna così a casa dopo cinquant’anni, e lo fa alla Casa dell’emigrazione russa fatta costruire da Solzenitsin nel 1995 per valorizzare e salvare tutto ciò che la cultura russa aveva prodotto fuori dai confini nazionali durante il regime comunista. Solzenitsin in realtà non amava particolarmente Grossman: troppo sovietico per essere dissidente e troppo dissidente per essere sovietico, l’avventura umana dell’autore di “Vita e destino” è segnata dal dolore per questo suo essere “nemico di tutti” che lo porterà a una morte precoce. Mai stanco di dire la verità, “Grossman intuì che gli esseri umani tutti sono ideologici – spiega ancora Maddalena – Tutti ci muoviamo per una nostra idea della realtà, piccola o grande che sia, e smettiamo di dire la verità per imporre alla realtà quel disegno. Grossman è attuale per questa intuizione”. Seguita da un’altra, più grande: “La riscossa è possibile continuando a dire la verità nonostante tutto. E’ questa lealtà con la verità delle cose che lo porta a dire, da ateo, che Dio esiste e che la vita può essere felice”. La medesima, ragionevole, intuizione a cui negli stessi anni arriva il premio Nobel svedese Pär Lagerkvist: “Non c’è nessuno che ode la voce / risonante nelle tenebre; ma perché la voce esiste?”.

 

Perché tutto ciò non venga perso di nuovo, il Centro studi inaugurerà nei giorni del convegno la prima piattaforma digitale con tutti gli scritti editi e inediti di e su Grossman, un’opera omnia online in tre lingue (russo, inglese e italiano) consultabile gratuitamente tra pochi giorni, realizzata dalla società Heritage e ideata e curata dal direttore esecutivo del centro studi, Pietro Tosco. Seicento “pezzi” scannerizzati tra libri, articoli e saggi: sulla piattaforma si potranno leggere i suoi esordi letterari, i libri e gli articoli pubblicati durante la guerra (tra questi anche un libretto delle edizioni dell’Armata rossa che i soldati portavano al fronte), e tutte le edizioni dei grandi romanzi. Questo archivio digitale “è uno strumento costruito per le ricerca, più che per la divulgazione – spiega Tosco al Foglio – Ma anche un semplice appassionato della sua opera può trovare quello che cerca. Lo scopo è uno solo: che si possa conoscere meglio e sempre di più Grossman, e dunque studiarlo”.

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.