La Bbc scopre “Vita e destino” di Grossman e ne fa un grande radio show

Piero Vietti

Se a sant'Agostino, come da tradizione, sembrava assurdo cercare di mettere tutto il mare in una buca sulla spiaggia, agli autori di Radio 4, storico canale della britannica Bbc che dal 1967 produce programmi di cultura, deve essere sembrato per lo meno impossibile quello che qualche anno fa fu chiesto loro da Mark Damazer, allora direttore della rete: trasformare il romanzo “Vita e destino” di Vasilij Grossman in uno spettacolo radiofonico. Oltre mille pagine, migliaia di personaggi, lunghe introspezioni e decine di eventi narrati da condensare in poche ore.

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    Se a sant'Agostino, come da tradizione, sembrava assurdo cercare di mettere tutto il mare in una buca sulla spiaggia, agli autori di Radio 4, storico canale della britannica Bbc che dal 1967 produce programmi di cultura, deve essere sembrato per lo meno impossibile quello che qualche anno fa fu chiesto loro da Mark Damazer, allora direttore della rete: trasformare il romanzo “Vita e destino” di Vasilij Grossman in uno spettacolo radiofonico. Oltre mille pagine, migliaia di personaggi, lunghe introspezioni e decine di eventi narrati da condensare in poche ore. Alison Hindell, regista di punta di Radio 4, consigliò a Damazer di lasciar perdere. Questi però non ne voleva sapere. Si era innamorato del romanzo che ruota intorno alla battaglia di Stalingrado tra nazisti e sovietici, un grande inno alla libertà, dopo che Martin Sixsmith, storico inviato in Unione sovietica della Bbc, glielo aveva consigliato.

    Passano quattro anni, e Damazer diventa rettore del St. Peter's College a Oxford. Ha lasciato Radio 4 un anno fa, ma da domenica 18 settembre potrà godersi da ascoltatore il frutto della sua scommessa: la Bbc trasmetterà infatti la dramatisation di “Vita e destino”. Otto ore suddivise in tredici puntate, con Kenneth Branagh a dare voce a Viktor Strum, il protagonista di quello che da molti è considerato uno dei più importanti romanzi del Novecento.

    Sequestrato dal Kgb nel 1961 (tre anni prima della morte di Grossman), “Vita e destino” ricompare quasi vent'anni dopo, nel 1980, a Parigi. In Italia viene tradotto nel 1982 da Jaca Book, diventa poi quasi introvabile, fino a che non viene ripubblicato da Adelphi nel 2008. In mezzo molti anni di oblìo, dovuti anche alla scomoda verità raccontata da Grossman: nazismo e comunismo sono sinonimi storici, due sfumature della medesima tavolozza, modi diversi di chiamare lo stesso totalitarismo che schiaccia la libertà dell'uomo. Il merito di Damazer è dunque quello di essere riuscito a fare in poco tempo in Inghilterra quello che in molti anni non si è riusciti a fare altrove: far conoscere “Vita e destino” a più persone possibili (Radio 4 ha uno share medio di dieci milioni di ascoltatori). Damazer ha fatto le cose per bene: per lanciare lo show ha organizzato la scorsa settimana a Oxford un convegno di due giorni su Grossman, durante il quale sono stati registrati diversi contributi andati in onda a “Start the week”, seguitissimo programma di Radio 4 di Andrew Marr. Durante l'anteprima radiofonica di lunedì 12 settembre, “Vita e destino” è diventato il libro più venduto in Inghilterra nel giro di poche ore.

    Damazer non ha fatto tutto da solo, però. Mesi fa è venuto a sapere che l'unico centro studi al mondo dedicato all'opera dello scrittore russo è in Italia, precisamente a Torino. Preso contatto con Giovanni Maddalena, direttore del comitato scientifico e professore di Filosofia teoretica all'Università del Molise, Damazer ha voluto esporre a Oxford la mostra preparata dal centro studi torinese, inaugurata nel 2006 durante il primo convegno internazionale mai organizzato su Vasilij Grossman, e già esposta in questi anni a New York, San Pietroburgo, Gerusalemme e Buenos Aires (ma misteriosamente rifiutata nel 2009 dalla Biennale della democrazia di Gustavo Zagrebelsky). “Leggere Grossman e presentarlo in questo momento della storia – dice al Foglio Maddalena – significa inserire nella propria vita quantomeno il desiderio di una vera libertà: la libertà di non essere schiavi delle circostanze, ma anche, e soprattutto, la libertà di dialogare davvero su ciò che sta a cuore, bello o brutto che sia (soprattutto brutto, perché è del brutto che è difficile parlare), la libertà di aderire al vero anche quando si è in pochi a farlo, la libertà di porsi domande scomode”. Così una decina di giorni fa “l'eccentrico professore italiano Giovanni Maddalena”, come da ritratto del Sunday Times, ha attraversato l'Europa con un furgone per portare personalmente i pannelli della mostra a Oxford e intervenire al convegno.

    Adesso tocca a Kenneth Branagh che, a differenza di Stalingrado, non ha resistito all'attacco: “Già il titolo ti cattura – ha detto l'attore presentando la dramatisation – Sembra dire: qui troverai qualcosa di davvero importante”. Le migliaia di personaggi del romanzo sono state ridotte al più maneggevole numero di 159, portati in vita da sessantasette attori grazie al lavoro della regista Alison Hindell e di due autori, Mike Walker e Jonathan Myerson, che hanno dovuto anche riprodurre i suoni per far immergere l'ascoltatore nella polvere delle strade di Stalingrado del 1942 e nell'acqua fredda del Volga. In Inghilterra si comincia domenica (anche online), la speranza è quella di sentire presto le stesse parole anche in italiano.

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.