Matteo Renzi, Pietro Grasso e Giorgio Napolitano (foto LaPresse)

Presidente e premier, due frette diverse

Redazione

Il senso dei richiami di Napolitano ad adiuvandum le riforme.

Giorgio Napolitano è preoccupato per il rischio di ingorghi parlamentari che si profilano sul percorso delle riforme istituzionali e cerca di premere sull’esecutivo perché metta un po’ di ordine nelle sue iniziative. Questo è il senso delle esternazioni del Quirinale di questi giorni, e sembrano segnalare che le rassicurazioni fornite dalla titolare del ministero delle Riforme, Maria Elena Boschi, non sono state sufficienti a tranquillizzare il capo dello stato.

 

Probabilmente quella che si può notare è solo un’altra occasione in cui emerge la differenza di stile tra il premier e il presidente della Repubblica. Napolitano cerca la precisione, talora persino in modo puntiglioso, Renzi punta a un effetto mediatico, in modo da aggregare consenso per poter poi sfidare con un solido rapporto di forze gli oppositori esterni e soprattutto quelli interni. Naturalmente su questo incide la differenza di ruolo, di esperienza, persino di età. Napolitano non ha più preoccupazioni elettorali, ha solo la volontà di concludere quanto prima possibile il suo secondo mandato potendo promulgare riforme istituzionali attese da decenni.

 

[**Video_box_2**]Perfino i mille giorni di Renzi, a quanto pare, per lui sono un po’ troppi. Paradossalmente il premier che si era presentato come alfiere della velocità ora rallenta (anche perché ha aperto troppi fronti contemporaneamente e non riesce a chiuderne veramente nessuno in tempi rapidi), mentre il pacato presidente fa sentire il ticchettio inesorabile del suo orologio. Va detto che non c’è nulla di patologico in questa diversità di approccio, né tantomeno un sintomo di una distanza sugli obiettivi, come qualche osservatore è sembrato invece cogliere, non si sa su quale base. Quello di Napolitano, in sostanza, è un avvertimento “paterno” sull’esigenza di agire in modo più attento ai tempi e alle dinamiche propri dei processi istituzionali, perché trascurando questi vincoli l’esecutivo rischia di trovarsi con le riforme impantanate e i frenatori in condizioni di vantaggio. Quando si dice che il Quirinale preme per “accelerare” sulle riforme, in realtà si dà conto di un ritardo sui tempi prefissati, magari in modo garibaldino, dallo stesso Renzi. Ritardo che, se si allargasse ulteriormente, potrebbe sollevare dubbi sulla volontà dell’esecutivo di portare a compimento il processo riformatore. Il punto critico, come sempre, è la legge elettorale: non certo per caso è stata il principale bersaglio delle critiche con cui Massimo D’Alema ha riaperto le ostilità verso Renzi. Se si blocca, l’effetto domino può bloccare tutto l’insieme delle riforme. Napolitano deve averlo spiegato bene ai “giovani” del governo che riceve periodicamente, e aspetta una risposta da Renzi in tempi ragionevoli, il che non è poco.

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