Il premier Matteo Renzi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Foto Lapresse)

Un mezzo agosto da festeggiare obliosi, più o meno come sempre

Giuliano Ferrara

L’Italia ferragostana, rappresentata dall’incontro del ragazzo e del grande vecchio a Castel Porziano non ha ragioni per rassegnarsi al declino inteso come caduta senza resurrezione, senza riscatto.

Sarà un falso senso di sicurezza, un sentimento leggero e ferragostano, dunque banale e privo di spessore, ma l’impressione è che le cose vanno così male, e per tutti in Europa, che è impossibile non cavarsi dagli impicci. Venti di guerra e di inimicizia fatale lambiscono la frontiera europea orientale, mentre infieriscono nel Medio Oriente e in generale nel mondo islamico abbandonato a sé stesso da un occidente impotente (oggi si dice riluttante). Le economie a noi storicamente contigue, con tutte le differenze nelle cifre sulla disoccupazione e sul debito, rischiano la sorte comune della deflazione, del ristagno. Chi lavora molto e in modo molto produttivo, chi investe in ricerca, ha un sistema di regole e di giustizia accettabile, chi ha fatto dello sviluppo tecnologico-industriale il suo core business, chi domina l’export e i consumi e prende per sé la parte maggiore nei mercati mondiali, insomma la Germania e alleati virtuosi, non può dire di avercela fatta e di potercela fare senza una integrazione collettiva, europea e americana, che sia in grado di riaprire la porta a una forse meno appariscente ma assolutamente necessaria nuova capacità di produrre ricchezza sociale.

 

Dunque l’Italia ferragostana, rappresentata dall’incontro del ragazzo e del grande vecchio a Castel Porziano, sotto l’occhio vispo e arzillo dello statista impedito dalla persecuzione giudiziaria ma più in ballo che mai, non ha ragioni per rassegnarsi al declino inteso come caduta senza resurrezione, senza riscatto. Non è faccenda proverbiale di mal comune e di mezzo gaudio, è che i meccanismi abnormi del governo europeo della moneta, comprese le forzature dei trattati denunciate da Giuseppe Guarino e da Antonio Pilati, non saranno rovesciati e negati, ma corretti sì, lo vuole la ferrea logica delle cose, anche se si parli la lingua del Reich. La stagione imbrogliona, moralista e del ciascuno per sé, con tutto quello che ha comportato di equivoco e di lento, sembra volgere al termine. Siamo nelle mani di un giovanissimo uomo di stato in formazione che intanto ha messo in scacco l’establishment conservatore della sinistra polverosa, del sindacalismo classista ottocentesco e del padronato egoista e dalla vista corta; lo sorregge e lo aiuta, consenso a parte, un vecchio comunista riformista di esperienza varia e forte, che si è specializzato da decenni nel controllo e nel governo dei sistemi politici di equilibrio, al quale la storia renderà tutte le sue ragioni offuscate da una campagna di calunnie manettare e di astiosità della anziana compagnia di canto degli esperti, degli intellettuali, dei costituzionalisti che discutono rigorosamente del nulla da un’epoca intera. Siamo in mani che rassicurano, quindi, e l’unico aspetto della vicenda che ci fa sentire un po’ prigionieri è l’assoluta mancanza di alternative credibili. Prodi e Letta (Enrico), qualità personali a parte, quando ci siano, sono due brontoloni vendicativi dai quali oggi le persone comuni non comprerebbero un’auto usata per nessun motivo. Marchionne è un americano canadese svizzero abruzzese che offre un metodo e suggestioni.

 

Altri capitalisti italiani capaci, a parte quelli che la sfangano con l’industriosità e ci provano, nell’establishment consolidato non se ne vede nemmeno alla distanza. Sindacalisti come Camusso e Landini sono variabili da talk show, dipendono dal vecchiume e dalla trascuratezza del sistema dei media, ma non hanno molto da dire né da scioperare. Grandi burocrazie e poteri neutri sono sotto tiro e divisi, alla fine di sicuro una via d’uscita la trovano, ma dovranno piegarsi a un nuovo ritmo politico, a nuovi criteri, questo sembra ormai assodato.

 

Via, con tutto il guasto e il malinconico di una crisi prolungata, che c’è e non c’è ma quando c’è è devastante e impigrisce e stordisce membra e cervello, è un mezz’agosto quasi da festeggiare. E in molti, comunque, lo hanno festeggiato nel solito dolce, affollato e oblioso modo.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.