Il premier Matteo Renzi (Foto Lapresse)

Strette intese

Al governo? Fantascienza Perché a Renzi serve un Cav. leale ma esterno

Salvatore Merlo

FI esclude un suo ingresso nell’esecutivo, Berlusconi non esclude niente, nel Pd rialzano la testa gli smacchiatori.

Roma. “Entrare al governo è fantascienza”, dice Maria Rosaria Rossi, senatrice, tesoriera di Forza Italia, vestale di Arcore, assistente particolare di Silvio Berlusconi. Eppure da qualche giorno dentro il partito padronale, nei gruppi parlamentari, tra gli ascari e i cortigiani del berlusconismo, persino tra gli uomini e le donne che più ringhiano contro Renzi, non si parla che di questo: l’ingresso nel governo. Nel palazzo dei gruppi, nelle stanze degli uffici stampa, tra gli assistenti parlamentari, circola persino una leggendaria lista di ministri berlusconiani. Ed è certamente più suggestione che realtà. Ma tutto questo fermentare estivo nelle fessure di Forza Italia rivela il vertice del desiderio. E’ l’evanescente fantasia su cui precipita il concretissimo schema politico entro cui è nato il governo di Matteo Renzi: cioè il patto del Nazareno, ovvero “la nostra indispensabilità”, come dice Mariastella Gelmini, l’ex ministro berlusconiano dell’Istruzione. Il Cavaliere “è necessario a Renzi”.

 

E lui, il sovrano di Arcore, nei suoi colloqui privati, nelle udienze che concede al Castello, ha nella voce fantasie e moine, quali continua a dettargliele l’antico equivoco sulla natura della politica. Dunque ogni tanto spiega d’essere certo di poter tornare a candidarsi, poi dice che un giorno, presto, Forza Italia potrebbe anche tornare al governo, e infine, messo alle strette da quei pochi interlocutori che possono permettersi di contraddirlo, ammette: “Ma non credo sia possibile”. E forse non è nemmeno necessario. Come dicono a Palazzo Grazioli: “Di fatto nel governo ci stiamo già. Denis Verdini cos’è, se non una specie di ministro di complemento? E’ un sottosegretario ai rapporti con il Parlamento”. E insomma l’idea, l’impressione diffusa, è che gli accordi sulla politica economica, quella specie di cabina di regia, di magica intesa germogliata mercoledì a Palazzo Chigi dopo le tre ore passate insieme da Berlusconi e Renzi, siano semplicemente un sintomo, l’effetto più ovvio di un asse fin troppo saldo che, come dice Pier Ferdinando Casini, “coinvolge Berlusconi nella sua interezza di politico e di imprenditore dai forti interessi economici in Italia”.

 

E tanto più strette si fanno le intese, tanto più è necessario dissimulare. Dunque Renzi si fa intervistare dal Messagero per dire che gli sembra “difficile” arrivare a una triangolazione sui provvedimenti economici anticrisi con Forza Italia, e Renato Brunetta strepita contro il governo attraverso il suo sapido Mattinale, “incompetenti”, dice, mentre in Aula, alla Camera, in realtà fa il baciamano alla ministra Marianna Madia che ha ottenuto la commutazione in legge del suo decreto sulla Pubblica amministrazione. E’ tuttavia difficile superare d’un tratto l’antico riflesso condizionato della sinistra nei confronti del puzzone di Arcore, del Caimano. Renzi ci parla, lo rilegittima, lo coopta nella sua strana e variabile maggioranza, ma sia il premier ragazzino sia il vecchio Cavaliere sanno che l’ingresso di Forza Italia nel governo, come dice la signora Maria Rosaria Rossi, rimane “fantascienza”. E difatti gli avversari, declinanti ma ancora vivi, cominciano a farsi sentire, resi più coraggiosi dai numeri negativi dell’economia italiana, e dall’incrinarsi del coro favorevole che in tivù e sui giornali ha finora accompagnato la scalata al potere di Renzi. E Berlusconi è un bel sasso appuntito da gettare in faccia al presidente del Consiglio. Dice infatti Pier Luigi Bersani: “Io sono andato a casa per non fare patti. A differenza di altri, io penso che nel mondo ci sia una destra e ci sia una sinistra. A partire dalle ricette sulle politiche economiche”. Se non è un avvertimento, poco ci manca.

 

Eppure è tutto in movimento nei pochi giorni che separano dalla pausa estiva, dall’ultimo passaggio della riforma del Senato. E la complicità tra Berlusconi e Renzi accende gli antichi istinti del Pd di Bersani e della sinistra di Vendola, ma è anche potente combustibile per le escogitazioni di quei piccoli partiti del centro rimasti orfani di padre perché fuoriusciti dal montismo o dal berlusconismo. Dice infatti Mario Mauro, che fu fedelissimo di Mario Monti finché Mario Monti contava qualcosa: “La logica della grande coalizione apparteneva a questa legislatura ed è venuta meno per le vicende legate alla decadenza di Silvio Berlusconi. Ma ora che il clima è cambiato sarebbe un atto di responsabilità per Forza Italia rientrare nella maggioranza. Perché lo scenario economico è tale da richiedere misure di impronta liberale e la presenza di FI rafforzerebbe tali istanze, per ora garantite solo dai partiti centristi”. E certo, Mauro tradisce il desiderio di indebolire Renzi usando Berlusconi. Ma i soci del Nazareno lo sanno, se ne sono accorti. E dunque: “Fantascienza”.

 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.