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Oggi i dati Istat

I poteri flosci fanno i bulli con Renzi, lui se la ride

Salvatore Merlo

I brutti numeri economici risvegliano le corporazioni e i giornaloni ostili. Il premier ostenta sicurezza (e alleati).

Roma. “La ripresa è come l’estate”, dice. “Prima o poi arriva”. E le sue parole rendono perfetta l’immagine dell’ottimismo, di un coraggio duro, ma non lontano dal gioco. “Quella di Matteo è un’inevitabile fuga verso l’avvenire”, dicono i suoi amici, mentre tutt’intorno al trono di Palazzo Chigi si avverte una pressione molto confusa, eppure forte, che insiste sullo schema politico entro cui è nato il governo, forse per schiacciarlo, o chissà, per svuotarlo, per costringerlo, sulla strada dell’intimidazione, a quelli che alcuni renziani chiamano “accordini opportunistici”: un po’ sulla riforma elettorale, come suggerisce Roberto Giachetti, e un po’ sulle materie pesanti dell’economia e del potere vero, finanziario e istituzionale (ci sarà presto anche un presidente della Repubblica da eleggere). Così, sfogliati i giornaloni, ieri Renzi deve aver messo su uno sguardo perplesso, chissà, forse un piccolo sorriso privato e dispettoso: il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore gli fanno il muso sempre più duro per l’inciampo del decreto sulle pensioni, per l’affare Cottarelli e, dicono adesso nel Palazzo renziano, “sembrano aspettare soltanto i dati negativi dell’Istat che usciranno oggi per brindare”. E insomma è ancora un mormorio sotterraneo che Renzi, con ribalda sicumera, lui che indossa la spavalderia come una maglietta aderente, come una seconda pelle, sembra voler zittire all’interno del suo stesso gruppo di collaboratori. Eppure negli ambienti del governo si ha l’impressione che sia cominciata una strana manovra, disordinata ma avvolgente, parlamentare ed extraparlamentare, politica e di establishment, che ticchetta calcoli occulti come un furtivo meccanismo: i giornaloni, il petardo Diego Della Valle, la Confindustria immusonita, e ieri la Confcommercio, anche, con le sue critiche e nere previsioni: “I consumi sono fermi. Il bonus Irpef è invisibile”.

 

Ma il pericolo, a detrimento di tutto il resto, sembra essere diventato la dimensione elettiva di Renzi. Il premier ragazzino si è sempre mosso con l’aria inquieta e affamata del lupo. Ha strappato con fatica la toga di segretario del Pd e la corona di presidente del Consiglio (e non come si prende il dono di una madre, ma come si scippa un tozzo di pane a un’estranea). Dunque “non ci spaventiamo”, dicono al Foglio. “Queste sono piroette di contropotere”. Si tratta di tenere botta, di centrare la riforma del Senato (“giovedì andrò in Aula”, dice Renzi) e di alternare piccole concessioni ad Angelino Alfano sulla legge elettorale, alla marcia cadenzata di riforme “garantite dagli accordi con Berlusconi”. E la recessione, la crescita zero, la disoccupazione? “Non ci sarà un’altra ondata speculativa come a novembre del 2011”, risponde Enrico Morando, sottosegretario all’Economia. “A Bruxelles c’è Mario Draghi”, dice. E insomma a Palazzo Chigi non si avverte il pericolo – “l’unico serio” – di un assalto esterno. L’Italia resta solvibile. E finché gli interessi sul debito pubblico sono garantiti, anche il sistema del governo regge. L’assalto, piuttosto, viene dall’interno. Ma questo, dal punto di vista renziano, è persino confortante. Esistono infatti contromisure da rivolgere su avversari che, spiegano, sono “pericolosi ma tutto sommato anche modesti. Ogni giorno, finora, gli ha portato una delusione e una pena crescenti”.

 

“Io un governo lo rifaccio”

 

Renzi, dicono, non vuole ricorrere alla preghiera e al baratto, alla saggezza sperimentata e antica della politica: l’equilibrismo, la trattativa serrata, arte morbida ed eterna. “Per questo c’era Enrico Letta”, dice lui. Dunque Renzi si tiene stretto Berlusconi, che incontrerà oggi. E contemporaneamente ha deciso anche di trovare un equilibrio per separare gli interessi proporzionalisti del piccolo Alfano (ci ha parlato ieri, a Palazzo Chigi) da quelli del piccolo Vendola. E così, come spiega Daniela Santanchè, con una punta d’ironia (ma anche no), la situazione è all’incirca questa: “Ci sono più probabilità che Renzi sia abbandonato dal Pd di quante ce ne siano che sia abbandonato da noi”. Insomma i numeri, in Parlamento, reggono. “La ripresa arriverà. E’ come l’estate”, dice Renzi, con disinvoltura irrequieta, mentre fuori dal Parlamento l’establishment finanziario-editoriale gli fa la guerra e, dentro il Parlamento, gli avversari hanno individuato le strutture portanti da abbattere. “Bisogna continuare a lavorare perché vadano in crisi sia l’asse di Renzi con Berlusconi sulle riforme, sia quello tra Renzi e Alfano nel governo”, dice Nicola Fratoianni, colonnello della sinistra di Vendola. Raccontano che il premier ragazzino un po’ ne rida di tutto questo agitarsi. Ma raccontano pure che Renzi abbia pronunciato la sua parola più scabrosa, che schizzava come una sassata in piena faccia: “Se mi bloccano, io mi dimetto e si va a votare. Berlusconi è d’accordo. Poi sono fatti loro. Io un governo lo rifaccio”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.