Benvenuti a Casa Formigli
Che splendore, che pulizia, dai saloni alla piazza d'armi
Pulita la piazza lì vicino, pulita la strada, pulito il faraonico ingresso, puliti sia ascensore che ballatoio. Che poi, a entrarci davvero dentro, anche casa Formigli mette ansia da quanto è pulita. Pulito il salone delle mani, dove spicca il ritratto di Di Pietro. Pulito il salone Santoro, e c’è la gigantografia del capostipite. Pulito il salone Cianci, con mezza scritta cancellata troppo in fretta, o almeno così sembra, poi si suppone che finisse in “mino”. Pulito lo studio, con la raffigurazione panoramica della procura di Firenze. E il sontuoso tinello Davigo. E il fastoso sgabuzzo Damilano. Pulito l’enorme corridoio detto “della Serenità e della Fiducia nella Giustizia”, cui fa seguito quello altrettanto enorme tappezzato da decine di profili di Stella con Sarzanini, su un lato, e della Milella più Woodcock su quell’altro. “Populismo mai”, venne battezzato quest’ultimo.
Scintillante, direi, la piazza d’armi dedicata alle più intime necessità: le Jacuzzi chiamate Urbano Cairo, i sei lavabo Giannini, la batteria dei bidet arricchita addirittura con una scritta ad hoc: “Ecco i Telese”. E la tazza, con un’insegna che suonava per sempre: Renzi! Punto esclamativo. Poi lassù, proprio in cima allo scalone imperiale, la targa in oro di due metri per due: “Io, Formigli, giornalista”. Ma lì no, mi ha avvertito Corrado mentre stavo aprendo la porta della stanza dove vengono gelosamente conservate le registrazioni telefoniche su questo politico o su quello: “Lì no, tutta roba pulita non è”. Potrebbe significare che financo la trasparenza del nitore, perfino a casa Formigli, rivendica un suo limite.
Ieri comunque, alle 8 del mattino, colazione col direttorissimo Mentana in arrivo da una maratona delle sue. Vedeste che tipo sveglio. Il padrone di casa parlava, e parlava, e parlava, nel mentre che Enrico, di sottecchi, aveva messo in moto la testolina grigia interessato soltanto a controllare se la disposizione delle camere e dei saloni corrispondesse esattamente alla mappa disegnata da quel renziano. “Bella casa comunque”, concluse alla fine. “Mai bella come la tua”, replicò imbarazzato Corrado come accennando a un inchino. “La come? La che cosa? La mia? Non provare a rompere i coglioni a me, Formigli, io sono in affitto”.