UNA FOGLIATA DI LIBRI

Tanto mestiere da non sapere dove metterlo

Matteo Marchesini

Un poemetto d'esordio di Guido Gozzano e quell'ideologia della scienza tra spiritualismo e biologismo. Un primo saggio di quella poetica calligrafica, da dannunzianesimo un tono sotto, che segnerà il ritorno all’ordine degli anni Venti

Secondo Longanesi, i pittori dell’Ottocento italiano avevano così tanto mestiere che non seppero dove metterlo: come dire che era un mestiere a cui non corrispondeva un’adeguata capacità d’innovazione. Vale anche per i poeti. Solo la generazione successiva a D’Annunzio e Pascoli approda a una lirica moderna non più intorbidata dall’oratoria dei vati. Quella di crepuscolari, vociani e futuristi è però una stagione breve: dopo i trent’anni, i più muoiono al fronte o di tisi, o tacciono, o cambiano aspetto. Nella loro schiera spicca Guido Gozzano, che fa cozzare Aulico e Prosaico, liquidando con ironia manierista un’intera tradizione. Il suo ritratto più caratteristico si trova nei “Colloqui” (1911). Ma l’esordio è quella “Via del rifugio” che si apre su una poesia in cui un gruppo di bambine infilza una Vanessa Io; e ancora sulle farfalle, che dànno il nome a un poemetto incompiuto, si chiude la vicenda dell’autore. Questo poemetto di “Epistole entomologiche” viene oggi ristampato da Interno Libri con una partecipe introduzione di Giuseppe Grattacaso. Il modello è l’Arcadia scientifica del Settecento, il Mascheroni didascalico dell’“Invito a Lesbia Cidonia”; ma la scienza, o meglio l’ideologia che ne deriva, è tardottocentesca: un misto di spiritualismo e biologismo, di suggestioni cosmiche pascoliane e orientali. Qui Vita e Morte hanno “un volto solo”; la Natura, come il pensiero umano, “tenta ritenta elimina corregge”; e nell’Uomo si specchia al livello più alto la “volontà dell’Universo”: una volontà estetizzante, liberty, che fa di ogni essere l’immagine di un altro (le farfalle sono “animato fiore senza stelo”, e le ali del montano Parnassus richiamano la neve).

   

Secondo molti critici, il risultato è un “disastro”, o appena una parafrasi lirica del Maeterlinck di “La vie des abeilles” e di “L’intelligence des fleurs”, ovvero di una letteratura irrecuperabile dopo le tragedie novecentesche, nonché incongrua rispetto al Gozzano più rappresentativo. “Le farfalle” sembrano così un fiore senza gambo, un fuor d’opera come – con tutt’altro valore – “La ginestra” nei “Canti”. Ma a parte il fatto che il poeta le abbozza già mentre prepara i “Colloqui”, questo suo tentativo si può anche considerare un primo saggio di quella poetica calligrafica, da dannunzianesimo un tono sotto, che segnerà il ritorno all’ordine degli anni ’20 (il giovane Montale evoca un’Acherontia Atropos). Nel discorso degli endecasillabi sciolti, a metà tra elzeviro e fiaba, l’understatement e il progetto edificante appaiono indistinguibili. Ad attrarre Gozzano, nelle farfalle, è sia la loro metamorfosi da bruco a crisalide, sia il loro costante travestirsi: e si capisce, essendo lui uno scrittore perennemente in maschera. Notevoli sono le descrizioni della cavolaia che si perde in città, finché “nel triste detrito che raccoglie / la scopa mattinale delle vie / biancheggiano falangi d’ali morte”, e quella della testa di morto che sfiora come un presagio una famiglia riunita a cena.

  

Anche in questo poemetto eccentrico riecheggiano comunque i motivi dei “Colloqui”: si veda il “Guardo e sorrido”, che col desiderio di “essere un altro, uscire da se stessi” indica uno sdoppiamento ricorrente nell’autore; e si veda l’insistenza sulla vita effimera dei lepidotteri, i quali potrebbero ben scegliere per motto araldico i due versi della raccolta dell’11 dove si dice che “La bellezza del giorno / è tutta nel mattino”. Onnipresente, come sempre in Gozzano, è poi l’intarsio di citazioni: specie da Dante (il poeta dell’“angelica farfalla”), con cui secondo Pasolini gareggia in memorabilità. L’avvocato entomologo rimonta sincronicamente secoli di poesia, rendendola proverbiale al quadrato: e anche in questo testo, lavoro gratuito di chi è già al di là del Tempo, ci regala un virtuosistico “Libro di Lettura”.
 

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