Una scena di "Storia immortale" di Orson Welles

una fogliata di libri

È questo il tempo della ragione ardente?

Michele Silenzi

La recensione di due romanzi di Karen Blixen da cui sono stati tratti due film memorabili e tra loro molto diversi: “La mia Africa” di Sydney Pollack e “Storia immortale” di Orson Welles

Ci sono un romanzo e un racconto di Karen Blixen da cui sono stati tratti due film memorabili per quanto tra loro straordinariamente diversi: “La mia Africa” di Sydney Pollack e “Storia immortale” di Orson Welles. Il primo è un racconto d’amore per un luogo e per un uomo tratteggiato dalla stessa scrittrice che racconta di sé in prima persona (“avevo una fattoria in Africa…”). L’avventura esotica di un’europea che, nel fallimento economico della sua piantagione, vedrà la fine di una civiltà divorata prima dalla guerra e poi dal grandioso progresso della globalizzazione. 

Guardare “La mia Africa” misura la distanza tra due civiltà occidentali oramai incommensurabili. L’ovvietà del nostro viaggiare, l’assoluta facilità, ha eliminato per sempre il senso dell’avventura esotica. Non c’è posto abbastanza lontano, non c’è posto abbastanza selvaggio. Tutto è già stato visto. E questo perché la razionalità è entrata più o meno in ogni luogo, espandendo il proprio inesorabile sguardo ovunque (che è il vero fattor comune del mondo e dei suoi abitanti, al di là delle divisioni sociali, economiche, geopolitiche). Anche chi gioca alla “conservazione dello sconosciuto”, diciamo gli strutturalisti dei tristi tropici, come pure all’opposto i conservatori più reazionari, vedono tutto alla luce della medesima razionalità (si tratta solo di diverse pretese di autoinganno). Vi è infatti una sola civiltà ormai interamente irradiata, o irradiantesi, su tutto il pianeta. L’avventura geografica pertanto è interamente sconfitta. Tutto il mondo è uno, lo sa chiunque abbia mai avuto voglia di salire su qualche aereo ed è abbastanza laico da potere stupirsi più per ciò che trova dietro casa che per ciò che trova nella foresta del Borneo.

In “Storia immortale”, un vecchio ricchissimo mercante americano a Macao, sul finire dell’Ottocento e della sua vita, decide che una leggenda raccontata dai marinai di tutto il mondo deve diventare realtà. Avendo ormai comprato tutto e non volendo più niente, vuole ciò che non può afferrare, l’eterna efemeralità della leggenda e, nell’impossibile realizzazione di quel progetto, trovare immortalità. Tuttavia morirà al realizzarsi della leggenda che, ormai divenuta cosa reale, diviene soggetta alla caducità del tempo e alla presa della ragione. Alla fine del film, il pragmatico segretario del mercante raccoglie ai piedi del suo padrone morto una grande rara conchiglia proveniente da un qualche mare tropicale e portandola all’orecchio dice che anche quel suono ineffabile gli appare già sentito

Il mistero geografico è dunque vinto per sempre, così come quello delle storie perché sembra non esserci mito che possa ispirare una realtà che non abbia già preso forma, o che potrebbe prendere forma al solo volerlo. È la potenza della ragione dispiegata nella sua tremenda e inevitabile potenza

Fine dell’avventura quindi? Ciò appare impossibile. Bisogna pur sempre andare e continuare a scrivere Storia e storie. Ma come, se questa è la situazione, se tutto è saputo? Potrebbe essere questo “il tempo della ragione ardente”, come la chiama Apollinaire? Questo poeta coevo di Blixen sembra suggerirci una possibile risposta. In una poesia, “Sempre”, descrive il nostro agire come uno sterile andare “sempre più lontano senza avanzare mai”. Perché il nostro spirito è spirito di conquista, ma i nostri occhi non sembrano più riuscire a vedere nuove terre e nuovi orizzonti. Allora Apollinaire per permetterci di continuare il viaggio, di spingerci sempre in avanti, evoca la venuta di un grande navigatore che invece di farci conoscere un ignoto continente sia in grado, impresa ancora più colossale, di farcelo dimenticare: “Chi mai riuscirà a farci obliare questa / o quella parte di mondo / Dov’è il Cristoforo Colombo / cui dovremo l’oblio di un continente / Perdere / Ma perdere veramente / Per far posto alla trovata / Perdere / La vita per trovar la Vittoria”.

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