una fogliata di libri

A casa

Gaia Montanaro

La recensione del libro di Judith Hermann edito da Fazi (156 pp., 18 euro)

"La vita rallenta. Io ho l’impressione che diventi sempre più lenta. E’ brutto, per certi versi. Ma ti dà il tempo di capire ciò che hai – te lo mette davanti. Così vedi quali sono le cose di cui hai bisogno. E quelle a cui puoi rinunciare”. La protagonista cinquantenne di questa storia, di cui non viene svelato il nome, viene sorpresa nel momento in cui sceglie di cambiare passo. Dopo aver vissuto tutta la sua esistenza in una cittadina lavorando come operaia, essersi sposata con Otis e aver avuto una figlia (Ann, ormai grande), la donna decide di andare a vivere sulla costa tedesca, prendendo una piccola abitazione per sé. L’ambiente è molto modesto, il contesto rurale, poche case disseminate in ampi spazi e sparute persone con cui interfacciarsi. Un’occasione per fare i conti con una solitudine scelta – ma che ciclicamente pesa nella vita della donna –, un modo per fare tabula rasa e ricominciare. O, più semplicemente, per accorgersi di ciò che già c’è. Otis, per esempio, con cui da anni sono separati ma a cui la protagonista scrive ogni sera per raccontargli quanto accaduto durante la giornata. Oppure Mimi, vicina di casa con cui trovarsi la sera a bere un bicchiere di vino; o ancora Arild, il fratello allevatore di maiali di Mimi con cui la donna innesca una sorta di embrionale relazione. Di giorno, lei va a lavorare nel pub di suo fratello che abita in zona (e che ha perso la testa per una ventenne che si nutre solo di patatine e Coca Cola). Di sera, la donna rimane in casa, attorniata dal silenzio di una natura che insieme protegge e incombe. Una notte però qualcosa rompe la quiete: si spalanca improvvisamente la porta di casa, senza un apparente motivo. “Da quella notte provai una certa soggezione, e mi dissi che quello era il prezzo da pagare per stare da soli”. Si innesca così una nuova consapevolezza nel vivere il presente, nella sua molteplicità fatta di ritmi blandi e azioni sempre uguali accanto alla convivenza con l’elemento naturale nella sua imponderabilità. Un mondo fatto di nostalgie, di legami con il passato e di ricordi che pian piano lasciano il passo ad un profondo senso di quiete, di rapporto nuovo con le cose e le persone (non conquistato da giovani ma recuperato quando si è più maturi). Tutto diventa minimale, ma non statico. Acquista significato nel rimanere ancorati al presente, al dispiegarsi dei giorni. “Questo mondo è il mio mondo poiché mi trovo qui in questo momento”. Un luogo a cui appartenere e che permette di ritrovarsi a casa.

 

Judith Hermann
A casa
Fazi, 156 pp., 18 euro

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