una fogliata di libri

Una vita felice. Conversazioni con sette inediti

Maurizio Schoepflin

La recensione del libro di Emanuele Samek Lodovici edito da Ares, 216 pp., 18 euro

Lei ha ormai la possibilità di diventare un vero maestro. Né minimamente esagero nel dirLe che non ne vedo altri fra coloro che hanno oggi meno di quarant’anni”. A scrivere queste parole in una lettera del 24 gennaio 1981 è Augusto Del Noce, uno dei maggiori filosofi italiani della seconda metà del Novecento. Il destinatario è Emanuele Samek Lodovici, che morirà di lì a poco, non ancora trentanovenne, il 5 maggio del 1981. Il giovane docente aveva già iniziato una più che promettente carriera universitaria, mettendo in luce notevoli doti speculative (oltre a Del Noce, su di lui avevano espresso giudizi encomiastici studiosi quali Vittorio Mathieu, Cornelio Fabro, Eugenio Corti e Marta Sordi).

I suoi scritti sulla gnosi, su sant’Agostino e su alcuni temi etici conservano ancora oggi un notevole valore, ma non è a quelli che deve la sua importanza il recente volume Una vita felice, che contiene le trascrizioni (sette delle quali inedite) di alcune conferenze divulgative tenute da Samek fra il 1977 e il 1981. Cattolico convinto, il professore, per quanto abituato a frequentare consessi culturalmente assai elevati, non disdegnava di rivolgersi a persone poco avvezze alle alte speculazioni: non casualmente gran parte delle conversazioni presenti nel libro furono tenute presso la parrocchia milanese da lui frequentata. Di che cosa parlava Samek in occasione di questi incontri? Non si pensi che, se lo stile era divulgativo, i temi affrontati fossero di poco conto, tutt’altro: con parole semplici ma non banali il professore discuteva dell’esistenza di Dio, di come ottenere la felicità, dei rapporti fra cristianesimo e marxismo, della morte, di etica sessuale e familiare, del ruolo della donna.

Il Sessantotto non era lontano e la sua influenza si faceva  sentire. Samek era consapevole che molte delle idee che si stavano affermando non erano compatibili con il cristianesimo. Ciò tuttavia non lo spinse ad arroccarsi su posizioni esclusivamente critiche; a lui stava a cuore confutare  gli errori della cultura e della mentalità che si andavano diffondendo, ma non intese rifugiarsi in una ridotta piena di amarezza e di pessimismo. Come testimonia il titolo del libro, a lui interessava che l’uomo potesse vivere una vita felice, ed era convinto che il messaggio cristiano fosse in grado di  aiutarlo in modo decisivo a raggiungere tale non facile meta. Questa convinzione fa sì che dalle sue conversazioni traspaia un ottimismo di fondo, l’ottimismo di chi conosce, grazie alla fede, l’arte di non disperare.

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