Vita degli anfibi

Carlo Crosato

Un padre, un giorno, mentre spinge la piccola figlia sull’altalena, si dilegua e pare non dover tornare mai più. Lo scenario rustico che, con l’avvio delle ricerche, si apre di fronte agli occhi del lettore di Piero Balzoni è composto da paesi diradati, in cui la seriosa inconcludenza della polizia attraversa la disperata passività degli abitanti. Ci troviamo poco lontano da un lago morente per l’inquinamento: “In fondo al lago c’è una città. La città che l’acqua ha sommerso tanti anni fa. E dentro a questa città, in una cattedrale sfavillante, c’è una statua. E’ la statua del dio del lago e se riesci a parlarci lui può fare avverare un tuo desiderio”. Il desiderio, uno solo per tutta la vita, che la piccola figlia vuole esprimere al dio del lago è il ritorno di quel padre che tanto le ha insegnato nella sua connessione con la natura, nella cura per gli esseri viventi più indifesi, pur nell’incostanza.

 
La vita, negli anni, rimane irrimediabilmente segnata dall’ingombrante assenza del padre, giungendo a produrre l’illusione che tutto sia parte di un grande progetto segreto, e che quella sparizione “fosse soltanto l’ingranaggio necessario di un disegno inimmaginabile, che partiva da molto più lontano e proseguiva senza sosta anche dopo di noi”. Al pensiero magico dell’infanzia, adulta, la protagonista sovrappone la drammatica lezione offerta dall’abbandono, trasformandola in esercizio di compassione. La nonna si ammala di una grave forma di demenza, non riconosce più i suoi cari, lentamente appassisce.

 

Intanto, in città la protagonista trova lavoro come infermiera, all’ospedale, dove un padre assiste la figlia in coma, fino alla morte. In simili esperienze, l’abbandono è rivissuto come un continuo confronto con chi se ne va. L’abbandono è una ferita che rimane, anche quando, qualche tempo dopo, la protagonista ricerca l’investigatore a capo delle indagini sul padre, proiettandovi una ferita che non si può richiudere. La tensione verso un passato irrecuperabile riaffiora anche nell’iniziativa di restaurare una vecchia biblioteca abbandonata o un vecchio caseificio.

 
Quella di Balzoni è una storia di abbandono, e dell’abbandono porta tutti i segnali perfino clinici. L’alternarsi di speranza e disillusione, il morboso attaccamento al passato come proiezione di un possibile futuro, la produzione di feticci che rimandino al caro scomparso, le domande, le regressioni a uno stadio infantile, e il lavoro di un’intera vita per emanciparsi dalla mancanza, dall’abbandono. 
  
Vita degli anfibi
Piero Balzoni
Alter Ego, 208 pp., 17 euro

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