Gentiluomo in mare

Matteo Moca

La recensione del libro di Herbert Clyde Lewis, Adelphi, 154 pp., 13 euro

Quanto può essere coinvolgente la storia di un uomo che, scivolando su una macchia d’olio a bordo di un piroscafo, cade nel mezzo dell’Oceano e si ritrova solo con i suoi pensieri mentre la nave solca la acque fino a scomparire? Se a scriverla è un narratore capace di muoversi sinuosamente tra i registri, dal comico al tragico, e di dare la concretezza della parola all’universo intangibile dei sentimenti e dei pensieri, può rivelarsi un’esperienza straordinaria, in grado di far avvertite il potere delle storie nel generare mondi che, per quanto lontani dalla nostra sensibilità e dalle nostre esperienze, alla fine, nella parte più radicale della loro essenza, parlano a noi e di noi. Questo miracolo si compie con Gentiluomo in mare di Herbert Clyde Lewis, nato a Brooklyn nel 1909, che riesce nell’impresa di costruire una storia che sta in piedi unicamente grazie alla destrezza nel raccontare, senza bisogno di ricorrere a marchingegni narrativi o a colpi di scena. Questo smilzo romanzo, curato da Marco Rossari, può essere realmente riassunto nella tragica caduta in acqua di un uomo e nell’affastellarsi dei pensieri nella sua mente, una sorta di Odissea psichica dove l’attenzione, anziché su viaggi straordinari, converge sui meccanismi che regolano la mente umana di fronte alla possibilità, molto concreta, della morte (“Avevi tutto il tempo a disposizione per pensare e maledire il tuo destino, per sentirti minuscolo e terrorizzato, per vederti risucchiare il midollo della vita a poco a poco). Il protagonista Henry Preston Standish ha un'’esistenza tranquilla e agiata, sposato, due figli e socio di un fondo di investimento, ma il tarlo di qualcosa che manca in un’esistenza così regolare si insinua pian piano in profondità, fino a convincerlo di aver bisogno di un distacco temporaneo da tutto. Così inizia a viaggiare e finisce, con pochi altri passeggeri, sull’Arabella, in viaggio verso Panama, ultima tappa prima del rientro a casa. Ma la caduta in acqua lo porta pian piano, come un’immersione primordiale in un mare che diventa Grande Madre, a regredire a un pensiero originario, a spogliarsi delle convenzioni e a vedere “l’enorme divario tra alba e tramonto”, tra consuetudine e verità, a comprendere cosa davvero significhino i sentimenti e di come, pur all’interno di uno società che allontana dal pensiero della morte, questa figuri, paradossalmente, come l’istante deflagrante della vita.  

    

Gentiluomo in mare
Herbert Clyde Lewis
Adelphi, 154 pp., 13 euro

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