Qualcosa sulla terra

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Davide Orecchio, Industria & Letteratura, 76 pp., 10 euro

Quale destino tocca alle città? Incendiare o liquefarsi, sembra essere la risposta di Davide Orecchio nel suo nuovo racconto lungo, in cui il protagonista si muove attraverso una città infernale divorata da incendi ripetuti e inarrestabili che sciolgono ogni cosa e da una malattia che soffoca gli uomini e svuota le strade. 

  
Tra le vittime di questi fuochi c’è Bianca, anziana pensionata, la cui morte incrocia il narratore, che si trova così a essere casualmente testimone della sua storia, raccontatagli da un conoscente della donna, Gilberto. E’ una narrazione a matrioska, dunque, quella che si sviluppa nelle brevi pagine del testo: se la prima parte è infatti caratterizzata da una prospettiva onirica sull’ambiente infuocato, mortifero e disastrato della città in cui vivono i personaggi del libro, la seconda è invece il racconto della vicenda di Bianca e Gilberto, incontratisi in una corsia d’ospedale, che trascolora nei toni della favola nel momento in cui i protagonisti diventano Alberto e Lisa, i gatti dei due anziani che tentano disperatamente di raggiungerli una volta ricoverati, in una sorta di piccola avventura mossa da una fede cieca.


Sullo sfondo di questa città surreale e violenta, dominata da morte, squallore e abbandono (“La città non resuscitava ed era sfiancata, e la malattia che toglie il respiro infuriava”) si sviluppa così un racconto edificato su una molteplicità di piani e toni che si intreccia attorno al tema della brutalità di un mondo inclemente in nessuna delle sue forme. Dalle catastrofi che ingoiano luoghi, cose e persone, a un’informazione convulsa sempre in cerca di novità, che premia la notorietà e la fama, incurante dei deboli e degli ultimi, e perfino gli animali che abitano il testo, come i gabbiani che danno la caccia ad Alberto e Lisa, tutto nel libro di Orecchio concorre a dipingere un universo allucinato e isterico, preda di un’ingiustizia impossibile da spiegare o redimere (“A questo pensavo, all’ingiustizia che Bianca subiva, Bianca l’estranea e pensionata da poco, Bianca la povera e morta bruciata”; “I gabbiani erano ingiusti prima dell’inverno e della malattia e lo sarebbero stati anche dopo”). 

 
Conservando uno stile in bilico tra acredine, oscenità e una sorta di tensione poetica condotta attraverso espedienti stilistici come la ripetizione o l’assertività, Orecchio racconta una storia oscura, la cui unica speranza risiede proprio nella possibilità della testimonianza, nel racconto stesso. In buona sostanza, nella letteratura. 

  

Qualcosa sulla terra
Davide Orecchio
Industria & Letteratura, 76 pp., 10 euro

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