una fogliata di libri

Le guerre dell'oppio

Roberto Persico

La recensione del libro di William Travis Hanes III e Frank Sanello, 21 editore, 352 pp., 23 euro

Tutto ebbe inizio con una scatola di tè, regalata nel 1664 a re Carlo II: un secolo dopo, “quell’infuso era diventato la bevanda preferita degli inglesi, che nel 1785 ne importavano settemila tonnellate all’anno”, e ai primi dell’Ottocento la situazione per le casse britanniche si è fatta insostenibile: “L’Inghilterra stava esaurendo le riserve d’argento, unica forma accettata dalla Cina per pagare il suo desideratissimo tè, e le corrispose ugualmente ventisei milioni di sterline, incassandone in cambio solo nove sotto forma di beni”. A questo punto “bisognava trovare qualcosa che la Cina desiderasse nella stessa misura in cui gli inglesi desideravano il tè e per cui sarebbe stata disposta a pagare in argento. La soluzione era l’oppio”. Comincia così un lucroso commercio dello stupefacente, coltivato in abbondanza in India, che risana le finanze di Londra ma alimenta nel Celeste Impero una situazione drammatica: “Bottegai, domestici, soldati e persino sacerdoti taoisti: tutti riempivano le proprie pipe d’oppio e si assopivano in fughe lunghe anche una settimana dalla produzione, dalla responsabilità, dai propri sensi. L’economia, i servizi pubblici, lo standard di vita… tutto peggiorò a causa dell’abuso di quella sostanza”.

  
Inizia quindi un estenuante tira e molla diplomatico, minato alla radice dal fatto che gli inglesi pretendono di essere trattati da pari, mentre i cinesi li considerano “latori di tributi”, barbari che al cospetto dell’imperatore devono poggiare la fronte a terra, gesto che ovviamente i britannici orgogliosamente rifiutano. Quando poi i cinesi cercano di bloccare le importazioni con la forza, la parola passa alle armi. La lotta è ovviamente impari, archi e frecce e vecchie bombarde contro i modernissimi cannoni e fucili di Sua Maestà britannica. I cinesi però si difendono con tenacia, non di rado suppliziando ferocemente i nemici catturati; gli inglesi li vendicano con stragi, incendi, saccheggi. Fino all’episodio conclusivo, la distruzione nel 1860 di quel gioiello che era la residenza estiva dell’imperatore, e alla definitiva apertura del mercato cinese alle merci occidentali.

  
Combattute in terre e mari lontani, nell’opinione pubblica europea le Guerre dell’oppio hanno lasciato una traccia assai labile; ma nella memoria storica dei cinesi, che le hanno vissute sulla propria pelle, sono una ferita ancora aperta. Riscoprire l’intrico di interessi materiali e pregiudizi culturali che le ha generate può non essere inutile per capire anche la Cina di oggi. 
 

Le guerre dell’oppio

William Travis Hanes III e Frank Sanello
21 editore, 352 pp., 23 euro

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