Una fogliata di libri

Il corrispondente misterioso

Giulio Silvano

La recensione del libro di Marcel Proust (a cura di Luc Fraisse). Garzanti, 184 pp., 20 euro

E’ quasi certo che quando in un archivio o in un cassetto viene scovato, trovato o ritrovato il testo giovanile di qualche grande autore verrà usata la formula del “vediamo già presenti gli elementi caratteristici della sua opera, dei suoi futuri capolavori”. Non è sempre così, e spesso gli editori ci costringono a leggere opere infantili, acerbe, goffe, di poco valore. Possiamo invece pienamente applicare quell’espressione parlando de Il corrispondente misterioso (tradotto da Margherita Botto e a cura di Luc Fraisse, dell’Università di Strasburgo), e il motivo sta proprio nell’originalità del percorso di Marcel Proust e della sua “opera unica”, À la recherche du temps perdu, cui lavorerà fino alla morte. Tutto il materiale precedente finirà in qualche modo nei sette volumi.

 

Si dice che uno scrittore scrive sempre lo stesso libro – anche questa frase risulta discutibile – Proust è come se avesse scelto di inserire tutti i libri in uno solo. Anche Les Plaisirs et les Jours, primo testo pubblicato da Proust, a cui questa raccolta fa da postumo accompagnamento, può esser visto come un prequel d’ambientazione per il mondo di Swann. E anche qui ne Le Mystérieux Correspondant: scrittori che passeggiano malinconici al Bois de Boulogne, donne malate, lettere attribuite alle persone sbagliate. Sono novelle, racconti, mai pubblicati, a volte nemmeno finiti dove abbiamo il lusso dell’inedito, perfetta lente per mettere a fuoco la genesi di un’idea, di un pensiero. Vediamo le influenze di Poe (sul gioco dell’enigma, e addirittura un dialogo con un corvo), di Schopenhauer (volontà e rappresentazione, melodia e immagini), e troviamo non solo i temi, ma intere frasi (perfette, perché buttarle?) che poi verranno inserite nel Tempo Ritrovato, nelle Fanciulle in fiore, in Albertine. I manoscritti abbozzati sono rimasti tra le carte di Proust, segreti, anche perché il tema di quasi tutte queste prose è l’omosessualità, mai in un’ottica lubrica, studiata e vissuta sempre in chiave psico-morale, come una maledizione, come una condizione tragica. L’opposto del modo in cui la trattò l’edonista coetaneo André Gide.

 

L’amore è per Proust turbamento della regolare condizione psicofisica. La malattia è sempre presente. Nel testo Agli inferi, esercizio di dialogo tra morti, leggiamo: “L’amore… è una malattia”, e poi “i medici dicono dei poeti in modo piuttosto sensato che sono dei malati, dei pazzi. Ammettiamolo. Ma beata malattia, follia divina come dicono i mistici”.

  

Il corrispondente misterioso
Marcel Proust (a cura di Luc Fraisse)
Garzanti, 184 pp., 20 euro

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