Una fogliata di libri

Noi, i sopravvissuti

Andrea Frateff-Gianni

La recensione del libro di Tash Aw (Einaudi, 304 pp., 20 euro)

Noi, i sopravvissuti, dell’autore malese di casa a Londra, Tash Aw è uno dei libri più attesi di questo autunno. Il romanzo racconta la storia di Ah Hock, un uomo integerrimo, onesto e grande lavoratore che, a un certo punto, inaspettatamente, si trova a commettere un omicidio. Quali sono i motivi che lo hanno portato a compiere questo gesto? Soprattutto, chi è Ah Hock? A queste e altre domande risponderà Tash Aw nel corso del romanzo, tracciando un ritratto disperato e sconvolgente di un paese controverso come la Malesia. Ah Hock è figlio unico di una poverissima famiglia che vive in una minuscola baraccopoli di pescatori. Il padre lo ha abbandonato che era poco più che in fasce e la madre si arrabatta in mille lavori sottopagati che a fatica riescono a sostenerli. Abitano insieme in un tugurio, in una casa che cade a pezzi e l’unico suo obiettivo fin da piccolo è abbandonare il villaggio dove vive per provare a cercare fortuna altrove. “A scuola non ci andavamo. Avremmo dovuto, ma nessuno ci andava. Ci facevamo vedere solo di tanto in tanto, quando ne avevamo voglia, andavamo a zonzo, marinavamo le lezioni, preferivamo andare nei campi e nelle piantagioni, fumavamo sigarette, progettavamo la fuga dal villaggio”. L’unico rapporto degno di nota è con un altro diseredato come lui, il teppista con pose da gangster Keong, al quale si legherà indissolubilmente, suo malgrado, per tutto il resto della vita. Seguiremo così il tentativo di scalata sociale di Ah Hock che in breve tempo, dopo una serie di impieghi precari che andranno dalla pesca di molluschi nel fango al servire i tavoli dei ristoranti nella scintillante cornice di Kuala Lumpur, riuscirà a trovare un lavoro fisso come manager in un allevamento ittico e addirittura a sposarsi con la convenzionale Jenny. La ricerca del “sogno asiatico” è il nodo centrale del romanzo: la storia di un uomo che ha creduto nell’illusione di un riscatto sociale cercando di cambiare e migliorare la propria vita partendo dal basso, lavorando sodo e non mettendo mai in discussione il sistema. La crescita travolgente dell’economia asiatica però, purtroppo, produce un luccichio equivoco di opportunità di cui beneficia solo una piccola élite. Allo stesso tempo, la Malesia è quotidianamente teatro di episodi di corruzione, classismo e razzismo che, neanche a farlo apposta, entreranno prepotentemente nella vita del nostro affezionato, mandando all’aria tutti i suoi piani. Libro amaro, privo di lieto fine, Noi, i sopravvissuti, affronta in maniera disincantata temi complessi come lo sfruttamento, l’inquinamento o le epidemie di colera attraverso lo sguardo ingenuo di Ah Hock e la sua claustrofobica confessione-fiume. La confessione di un improbabile assassino o di un “terribile innocente”, come direbbe Sartre, incastrato tra scelte morali e libero arbitrio, che tanto sarebbero piaciute al Camus de Lo Straniero ma probabilmente anche al Dostoevskij di Delitto e castigo.

 

Tash Aw
Noi, i sopravvissuti
Einaudi, 304 pp., 20 euro

Di più su questi argomenti: