recensioni foglianti

L'Argentino

Alessandro Litta Modignani

Ivano Porpora, Marsilio, 166 pp., 16 euro

“Non cambiate mai”, dice l’Argentino sconsolato agli abitanti di San Cristóbal. Lo hanno soprannominato così non perché quella sia la sua origine, ma solo perché è venuto da fuori. Da un posto imprecisato, lontano. E’ uno straniero, dunque un estraneo, malvisto e malvoluto. “Non imparate mai”, ripete alla fine del romanzo. Dopo Nudi come siamo stati, uscito lo scorso anno, Ivano Porpora si conferma una delle voci più interessanti e innovative nel panorama letterario italiano. L’Argentino è ambientato nel 1958 a San Cristóbal, paesino sperduto della Spagna franchista. Se non fosse per questa ubicazione, il romanzo potrebbe essere annoverato a pieno titolo nel filone della nostra letteratura meridionale, quella che descrive il profondo sud, con la sua atavica arretratezza e le sue storture ancestrali. I personaggi bizzarri e felliniani, la calura opprimente, i riti antichi e i pregiudizi radicati, tutto concorre a formare un quadro di chiusura provinciale e di conservazione sociale.
In questo contesto, Porpora elabora una forte e appassionata metafora del messaggio evangelico. Il romanzo altro non è, infatti, che una potente trasfigurazione della discesa di Cristo sulla terra: quando il protagonista fa la sua comparsa nel paesino avvolto nella canicola, passa quasi inosservato; ma dopo la sua partenza, nulla sarà più come prima.

 
Egli intima al demonio – un giovinastro che terrorizza i ragazzini – di allontanarsi, si fa beffe del potere sacerdotale, affronta l’ipocrisia e la meschinità della gente. Egli è Davide che batte Golia, è il Redentore che compie miracoli, sia pure ricorrendo a qualche piccola astuzia. E’ accusato ingiustamente, quasi linciato, torturato, sequestrato dai gendarmi. Poi ritorna coperto di ferite, svela il Mistero – spezzando l’incantesimo che attanaglia il paese – infine dà vita a un epico duello fra il Bene e il Male.

 
L’intera vicenda viene filtrata dallo sguardo ingenuo e affascinato di un adolescente, un’anima pura e curiosa che fissa lo straniero e cerca di capire. “Cosa sei venuto a fare?”. “Sono venuto a mettere ordine, Nandito”. Il ragazzo trattiene a stento le pulsioni sessuali di un corpo squassato dalle tempeste ormonali, ansioso di perdere la verginità ma di conservare l’innocenza, e intanto descrive i suoi coetanei, i genitori, le donne, i tanti personaggi pittoreschi che animano il paese con le loro passioni furtive e con una pochezza senza rimedio. Un’umanità gretta e dolente, destinata davvero a non cambiare mai, neppure in forza di un Dio che si è fatto uomo.

 
“L’Argentino mi guardò in faccia, e fu l’ultima volta che lo fece. Sorrise, e disse: “Non cambiate mai”. Poi si incamminò per la carretera di Arriba, e io non distolsi lo sguardo nemmeno quando non fu altro che un piccolo punto, indistinguibile, che camminava immerso nella calura di un giorno di agosto inoltrato, riverberato dal sentiero liquido che lo specchiava; e chissà se era ancora lui, o un miraggio”.

  

L'ARGENTINO
Ivano Porpora
Marsilio, 166 pp., 16 euro

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