recensioni foglianti

Hool

Piero Vietti

Philipp Winkler
66thand2nd, 288 pp., 18 euro

Che cosa riempie la vita di un ragazzo di Hannover, figlio di un alcolizzato abbandonato dalla moglie quando i figli erano piccoli, cresciuto ammirando lo zio hooligan e innamorato di una ragazza che lo ha lasciato e non riesce a smettere di drogarsi? La prima scena è uno scontro. In mezzo ai boschi, fuori città, Heiko, lo zio Axel e altri tredici hooligan stanno aspettando di battersi a mani nude contro quindici tifosi del Colonia. Prima l’adrenalina, il sudore, la tensione, poi l’esplosione di violenza – ma secondo le regole non scritte degli ultras – i pugni, i calci, il sangue. Anche una delle ultime scene di Hool è uno scontro, ma nel frattempo è cambiato quasi tutto. Raccontate in prima persona da Heiko, le storie dei protagonisti vengono travolte dalla vita che loro sono stati costretti a scegliere, restandone segnati e feriti per sempre. La bellezza di questo romanzo di Philipp Winkler è che racconta la storia di Heiko Kolbe, giovane hooligan tedesco dell’Hannover 96, riuscendo a evitare il tono da “questi ultras drogati, signora mia, sono la feccia della società”. Una spedizione andata male per massacrare di botte un hooligan rivale è l’inizio dello sconquasso per Heiko, Kaj, Ulf e Jojo: qualcosa si rompe, nulla è più come prima, persino le sbronze al Timpen, ritrovo dei tifosi di Hannover, hanno un improvviso senso di inadeguatezza. Che cosa tiene legate le persone, cosa unisce quattro amici cresciuti inseme, le cui esistenze sono state lacerate da tragedie inaspettate e crudeli, e poi cucite l’una all’altra con il filo di un ideale troppo folle per reggere agli urti della vita? Il mondo degli ultras è rimasto uno dei pochi in cui è forte il senso di appartenenza, in cui si assiste a un tentativo di resistere al potere, a come gli altri vorrebbero che ci si comportasse. E’ un tentativo sballato, figlio dell’emarginazione in cui i protagonisti di Hool vengono confinati da rapporti famigliari fragili, orgoglio dannoso e incapacità di amare. Che cosa riempie la vita? Gli scontri, lo spaccio di droga in palestra, le scommesse clandestine sulle lotte tra animali feroci, le sbronze, i pestaggi, il traffico di armi? Tutto il romanzo è attraversato dai flashback sulla vita di Heiko: il suo essere violento, impulsivo, incapace di prendersi cura delle persone a cui vuol bene ma in fondo pronto a dare la vita per loro, viene illuminato da quei pomeriggi passati a casa dei nonni da bambino, dalla prima partita allo stadio vista sulle spalle del padre, da una fuga in bicicletta sul treno per andare a trovare l’amico più caro, dalla morte senza ragioni del “migliore” del gruppo. Heiko non è in grado di capire il mondo che intanto corre sopra e accanto alle sue vicende, né il mondo può capire lui. Eppure questo ragazzo di Hannover resta attaccato alle poche cose che sono segni di rapporti veri, non importa se sbagliati: i colombi del nonno, l’avvoltoio di Arnim, il delinquente che lo ospita a casa sua, la luce della stanza della sua ex che intravede dalla strada, sdraiato sul sedile dell’auto, la casa di suo padre. Che cosa cerca, in fondo, ogni volta che torna in quei posti? Che cosa può rispondere a quel grido che emerge violento ogni volta che fa a pugni – purché con lui ci siano Kej, Ulf e Jojo? Heiko non lo sa, ma sa che la risposta non è neppure quella borghese che alcuni dei suoi amici sceglieranno, il mediocre lavoro dei sogni o la moglie bella e rompicoglioni. Per questo continuerà sempre ad aspettare il prossimo scontro. 

 

HOOL
Philipp Winkler
66thand2nd, 288 pp., 18 euro

Di più su questi argomenti:
  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.