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L'Europa faccia fronte comune contro un comune pericolo: l'espansionismo cinese

Lo storico Andrew Michta sull’American Interest riflette sulla debolezza del Vecchio continente di fronte allo strapotere di Pechino. I pericoli della mancanza di unità dell'Unione europea 

Un Foglio internazionale. Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, selezionate per voi da Giulio Meotti

 


 

“È entrato a far parte della tradizione comune nelle capitali europee il presunto ‘transazionalismo’ dell’Amministrazione Trump che, quando si rapporta con gli alleati della Nato, quasi sconvolge le relazioni tra America e Europa, mentre la ‘diplomazia dei tweet’ portata avanti dal presidente americano, e la presunta determinazione degli Stati Uniti nel non rispettare gli impegni presi, ha reso sempre più difficile per l’Europa continuare ad affidarsi agli Stati Uniti per la sua sicurezza”, scrive Andrew A. Michta. “Come ha recentemente affermato un anziano politico europeo mentre spiegava perché, secondo lui, il suo paese debba pensare in termini di ‘autonomia strategica’ e difesa europea: ‘La fiducia dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti è andata perduta’”.

  

In realtà gli Stati Uniti stanno rafforzando la loro presenza sul territorio europeo, piuttosto che indebolirla. Michta è convinto che le questioni fondamentali che plasmano la relazione transatlantica non siano i personalismi o la retorica, bensì le differenze sulle valutazioni delle minacce e sulle politiche. La relazione tra Stati Uniti ed Europa non è stata sempre lineare, ma tra divergenze e tribolazioni, la minaccia dell’Unione sovietica ha sempre tenuto uniti gli alleati del Patto atlantico. In quest’ottica la richiesta di Trump di mettere fine a quello che di fatto è un disarmo, avvenuto negli ultimi due decenni da parte dei paesi europei, non si distanzia molto da ciò che le precedenti amministrazioni hanno tentato di realizzare. L’appello dell’ex segretario alla Difesa dell’Amministrazione Trump, James Mattis, fa eco a quello dei suoi predecessori. Nei decenni passati gli Stati Uniti hanno chiesto all’Europa di evitare di affidarsi all’approccio multilaterale basato su regole, o almeno di tenere allenati i militari perché siano pronti ad affrontare gravi scenari di guerra. Putin, infatti, potrebbe in futuro non troppo lontano tentare di rompere gli equilibri attuali dell’est Europa, del medio oriente e dell’Asia centrale.

Ma la Russia non è l’unico problema, o quello più grave. Washington e diverse capitali europee non si trovano d’accordo sull’urgenza della minaccia rappresentata dalla Cina. “I leader europei sembrano non aver preso in considerazione il fatto che Pechino è impegnata in un imponente progetto geo-strategico per riconfigurare l’Eurasia, costruire una flotta navale oceanica, stabilire basi in punti critici di pressione in Africa, Europa e, presumibilmente, l’estremo nord, raccogliendo tecnologie in tutto il continente”, spiega Michta. “L’incertezza su come gestire la Cina ha reso molti in Europa impreparati al pericolo posto dal fatto che il continente stesso è un obiettivo per l’espansione commerciale cinese e potrebbe essere diviso e sottoposto a dominio militare in futuro. Ciò che rende così pericoloso questo momento storico in Europa è quello che il presidente francese Emmanuel Macron ha recentemente delineato sotto l’etichetta dell’‘autonomia strategica’, che equivale cioè a sciogliere i legami europei di sicurezza e difesa con gli Stati Uniti. Questa sembra essere poco più di un’altra espressione della perenne aspirazione francese a mettere Parigi alla guida di un’Europa militarmente sovrana”.

 

Ma le mire di Macron sono irrealistiche sia nel breve che nel medio termine. Le affermazioni del presidente francese, secondo cui “l’Europa ha la capacità di difendersi da sola” e “i paesi europei hanno degli eserciti forti, la Francia in particolare”, non sono credibili. Negli ultimi tre decenni è avvenuta nel vecchio continente una demilitarizzazione senza precedenti, e le poche forze rimaste attive non sono dispiegabili, mentre le scorte si sono erose e le infrastrutture logistiche sono allo sfacelo. Anche se le società europee volessero invertire la tendenza, il cambiamento richiederebbe molto tempo. Oltre alla volontà francese di sovranità militare, preoccupa la richiesta di Macron di riaprire un dialogo strategico con la Russia. La politica europea di vicinato non può essere gestita da “soggetti terzi che non condividono gli stessi interessi”, ha affermato il presidente francese, facendo riferimento agli Stati Uniti. L’ingenuità di Macron lo porta a pensare che sia possibile stringere Mosca nell’abbraccio europeo, tenendo allo stesso tempo la Russia lontana dalle influenze cinesi. Ignorando la minaccia che Pechino rappresenta per l’Europa, Macron pensa che, avvicinando la Russia all’Ue, il Vecchio continente si possa porre come forza di equilibrio tra Stati Uniti e Cina.

 

La volontà di sovranità militare francese non è una sorpresa e non è un unicum. La European Intervention Initiative (EI2) del 2017 ha chiesto l’autonomia strategica dell’Europa in materia di sicurezza e difesa e quindi la creazione di un vero esercito europeo. “L’iniziativa voluta da Macron è stata formalmente lanciata nel giugno del 2018, quando i ministri della Difesa di Francia, Germania, Danimarca, Estonia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo e Regno Unito hanno firmato una lettera di intenti per cooperare al di fuori delle strutture esistenti, come la Nato”, scrive Michta. “La Finlandia è entrata a far parte della coalizione nel novembre del 2018, la Norvegia e la Svezia l’hanno raggiunta nel settembre del 2019”.

 

Oggi l’Europa è ancora più vulnerabile al canto della sirena francese per via delle sue grandi fratture politiche. In Germania, la grande coalizione è debole; in Italia il secondo governo Conte sembra già traballare dopo la sconfitta della coalizione rossogialla alle elezioni regionali in Umbria; mentre la Spagna deve fare i conti con le istanze indipendentiste catalane. Una situazione perfetta per Macron, che in questo modo può affermare la leadership della Francia in Europa. Se il vecchio continente continua a non avere ben chiara la natura della minaccia esistenziale posta da Pechino e permette alla Francia di dettare la linea, potrebbe inverarsi lo svuotamento graduale della Nato: il peggiore dei risultati per tutti gli attori coinvolti. Soprattutto per l’Europa che non è ancora pronta, materialmente prima che idealmente, a istituire un esercito comune. “Speriamo che prevalga il buonsenso”, conclude Michta.

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