Un’illustrazione di Forest Stearns, Google AI Quantum Artist in Residence, del processore Sycamore nel criostato (Google)

Il Foglio Innovazione

Perché America, Cina ed Europa fanno a gara per avere un pezzo di quantum computer

Raffaele Mauro

Le superpotenze investono miliardi in talenti e tecnologie per i calcolatori di nuova generazione, e dopo l’annuncio sulla “quantum supremacy” tutti hanno più fretta. Le nuove sfide

Le recenti notizie relative ai progressi nel settore del quantum computing, come il raggiungimento della supremazia quantistica annunciato dalla rivista Nature, sono un punto di osservazione che getta luce sulla competizione economica e geopolitica nel mondo moderno. Stati Uniti, Cina ed Europa portano avanti grandi piani di ricerca nel settore, assieme a diversi stati come Giappone, Australia, Regno Unito, Russia, Svizzera e Singapore. Grandi aziende come Google, IBM e Microsoft hanno capacità di sviluppo paragonabili o superiori a quelle governative, e imprese di nuova generazione, come Rigetti e D-Wave, riescono a posizionarsi sulla frontiera del mercato grazie ai capitali della Silicon Valley. Negli Stati Uniti sono stati promossi programmi come il National Quantum Initiative Program, iniziativa decennale lanciata nel 2018 con l’obiettivo di finanziare con circa 1,3 miliardi di dollari la ricerca e la formazione nelle tecnologie quantistiche, che includono applicazioni nelle telecomunicazioni, sensoristica e crittografia.

 

La Cina ha invece l’intenzione di lanciare entro il 2020 a Hefei un laboratorio nazionale per le scienze dell’informazione quantistica, con un budget pluriennale di 10 miliardi di dollari, oltre a menzionare le tecnologie quantistiche nel suo tredicesimo piano quinquennale. Il Partito comunista cinese, con un’accelerazione voluta da Xi Jinping, punta su questa e altre tecnologie di frontiera, come l’intelligenza artificiale, per creare le basi future dello sviluppo economico e della sicurezza militare. Nel nostro continente la Commissione europea ha lanciato il Quantum Technologies Flagship Programme, annunciato nel 2016 dall’allora commissario per l’Economia digitale Günther Oettinger, con un miliardo di euro stanziati sul settore, un orizzonte pluriennale e il focus su applicazioni nella sensoristica, nelle telecomunicazioni e nella computazione. Scienziati italiani come Tommaso Calarco hanno promosso iniziative come il “Quantum Manifesto” per creare una consapevolezza collettiva e per enfatizzare il fatto che, come dice lui stesso in un’intervista per il mensile Le Scienze, “…nessun Paese può farcela da solo, la cooperazione è essenziale per avere successo.”

 

La computazione ha assunto un ruolo centrale in ogni aspetto dell’economia e della società: comunicazioni, finanza, medicina, trasporti, agricoltura, intrattenimento. Tutti i settori sono toccati dalla crescente capacità di raccogliere, analizzare e condividere dati in forme sempre più evolute. La computazione quantistica tocca uno di questi nodi, vale a dire il fatto che esistono categorie di problemi che per i computer “classici” sono particolarmente onerose da affrontare, a tal punto da diventare tavolta impraticabili. Compiti come il disegno di nuovi materiali e nuovi farmaci, la creazione di simulazioni complesse nell’industria e nel commercio, la protezione e l’attacco di messaggi nell’intelligence militare, sono tutte aree dove potenzialmente i computer quantistici potrebbero fornire un vantaggio differenziale rispetto ai sistemi tradizionali. Siamo ancora agli albori: Scott Aaronson, uno dei maggiori teorici del settore, paragona lo stato attuale del quantum computing all’epoca delle valvole termoioniche nei primi anni dell’informatica. Bisogna superare ancora gigantesche sfide ingegneristiche, riguardanti i problemi della scalabilità e della correzione degli errori, quindi le applicazioni potrebbero non arrivare nel breve termine. Tuttavia l’avanzamento è reale, possiamo codificare e manipolare informazione in modo profondamente diverso rispetto al passato.

 

L’evoluzione dei computer quantistici ha un impatto che va oltre i laboratori, l’interconnessione profonda tra innovazione e dinamica politica è infatti sotto gli occhi di tutti. Non si tratta di un fenomeno nuovo: gli strumenti del potere, dall’edificazione di opere pubbliche alla costruzione di macchine da guerra, da secoli si fondano sulle più avanzate conoscenze tecniche disponibili. Nel corso della Guerra fredda le applicazioni della scienza, dalle tecnologie nucleari alla corsa allo spazio, furono al centro del dibattito pubblico. Oggi se ne parla sempre di più con riferimento a internet, si pensi alle polemiche relative all’impatto dei social media sui processi elettorali. Alcuni temi, come l’intelligenza artificiale, assumono grande rilevanza e proiettano simultaneamente sia eccessi di allarmismo sia di entusiasmo. La computazione quantistica e le tecnologie quantistiche in generale non hanno ancora raggiunto questo livello di attenzione. Il loro impatto però potrebbe essere significativo. Allo stesso modo in cui le capacità industriali sono state determinanti per i conflitti bellici nel Novecento, le risorse computazionali e l’intelligenza saranno un vantaggio determinante nella competizione economica e militare del futuro. Le priorità negli investimenti e nell’istruzione andranno quindi orientate in tal senso.

 

Raffaele Mauro è managing director Endeavor Italy e autore di “Quantum Computing” (Egea)

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