Terrazzo

Tra Aldo Moro e l'Easy Going. Al culmine degli anni di piombo il club più trasgressivo

Andrea Bentivegna

Nella notte del 15-16 marzo 1978, mentre brigatisti preparano un attentato, a Roma nasce il locale rivoluzionario ideato da Gilberto Iannozzi e progettato da Gepy Mariani. Con mosaici provocatori e musica funky, diventa epicentro della scena gay degli anni '70

La notte tra il 15 e il 16 marzo 1978, mentre dalle parti di piazza del Popolo due giovani sono impegnati a squarciare le gomme di un furgone, a poca distanza, vicino a piazza Barberini, si sta radunando una folla di ragazzi molto più gioiosa. Sono tutti vestiti in modo eccentrico e aspettano di entrare in un nuovo locale. Anni dopo, i processi appureranno che furono i brigatisti Raffaele Fiore e Bruno Seghetti a bucare le gomme di quel furgone per impedire a un fioraio ambulante che viveva in via Brunetti di essere, come ogni mattina, all’angolo tra via Stresa e via Mario Fani. Proprio lì dove, l’indomani, avrebbero assaltato l’auto di Aldo Moro. Nel mentre, al civico 9 di via della Purificazione, traversa di piazza Barberini, apriva l’Easy Going. In un certo senso, quella notte, rappresenta quindi il crocevia tra gli Anni di piombo e il decennio più spensierato del paese.
 

L’Easy Going era un luogo incredibile. Mai prima, e forse nemmeno dopo, si era visto a Roma qualcosa del genere. Ideato da Gilberto Iannozzi, già proprietario del Jackie O’ e del Much More, che aveva avuto l’intuizione di affidarne il progetto all’architetto e scenografo Gepy Mariani. Mariani, nipote di Rossellini e candidato all’Oscar per le scenografie de La bisbetica domata di Zeffirelli inventa qualcosa di inedito: immaginate un bagno turco sotterraneo, completamente ricoperto di mosaici e decorato alle pareti da lampade a forma di pisello. Un locale scandaloso ma  liberatorio dove tutti finalmente potevano essere sé stessi. Divenne istantaneamente l’epicentro della scena gay di quegli anni: siamo alla fine dei Settanta, un periodo senza eguali. Basta pensare che Mariani riuscì a coinvolgere per le decorazioni parietali persino Tom of Finland, artista noto per il suo genere omoerotico. Suoi erano i leggendari mosaici con sensuali machi avvinghiati tra loro al cospetto dei quali, come ricorda Corrado Rizza nel suo Anni vinilici “tutti si baciavano e ballavano, strofinandosi tra loro. Gli uomini erano tutti super fighi e le donne bellissime”. L’ingresso poi fu un’altra delle trovate geniali di Gepy Mariani che sostituì la porta con qualcosa di molto simile a un vespasiano. Da lì si scendeva fino alla pista e al bar in una vera e propria anabasi con cui lasciarsi alle spalle la città perbenista della superficie e liberarsi di ogni pudore. Infine, ovviamente la musica, l’altro ingrediente necessario per il successo. Inizialmente in console (anch’essa a forma di fallo) c’era Paolo Micioni sostituito poi dal giovanissimo Marco Trani che proprio col funky dell’Easy Going inizierà una carriera leggendaria affermandosi come uno dei, se non il migliore, dj italiano.
 

L’epopea di questo locale durò fino alla metà degli anni Ottanta, altre discoteche poi ne prenderanno il posto nelle notti romane e oggi al numero 9 di via della Purificazione non c’è più traccia di nessun vespasiano né tantomeno dei mitici mosaici: al loro posto un banale caffè. Eppure, li sotto è passato un pezzo di storia.

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