Terrazzo

Il tempio del vaccino

Il principe Carlo ha inaugurato il centro ricerche AstraZeneca di Cambridge. Concepito dieci anni fa per essere un luogo di aggregazione, diventerà un parco a tema per i No vax?

Neanche nella fantasia di sceneggiatori degni di “Don’t Look up” si potrebbe individuare un edificio-simbolo così perfetto, un luogo fisico così ideale per scagliarvi contro complottismi e mitomanie No vax. E’ il nuovo quartier generale della ricerca di AstraZeneca a Cambridge, vicino Londra. Si chiama “Discovery center”, ed è stato inaugurato a fine novembre, addirittura dal principe Carlo. È una struttura di diciannovemila metri quadri costata un miliardo di sterline inserita nel “life science cluster”, il polo farmaceutico di Cambridge che è il più grande d’europa, con quattrocento aziende che impiegano ventimila persone e fatturano complessivamente tre miliardi di sterline. 

 

Il progetto è dei celebri Herzog & de Meuron, suprema coppia architettonica di Basilea già acclamata per edifici come la Tate Modern di Londra, l’Allianz Arena di Monaco, la fondazione Feltrinelli a Milano. La pianta a forma di plettro paradossalmente ricorda il logo di una casa concorrente, GlaxoSmithKline, ed è composta da bassi edifici a tre piani con facciate specchianti, ovviamente in linea con tutti i criteri più aggiornati in termini energetici: 174 pozzi garantiscono energia geotermica per riscaldare e raffreddare i 2200 scienziati che ci lavoreranno. Gli edifici al piano terra vedono un portico a pilotis che, hanno detto i progettisti, è ispirato alla Cà Granda di Milano, ospedale cittadino poi trasformato in università; e al Collegio Borromeo di Pavia.  

 

Il progetto, concepito nel 2013, chiaramente non poteva prevedere l’attualità di oggi e anzi puntava su apertura all’esterno e trasparenza, volendo ribaltare l’idea di scienziati isolati e chiusi nel loro laboratorio, portandoli invece in mezzo alla vita e alla gente. Così questo di AstraZeneca è anche uno dei pochi centri di ricerca medica aperti al pubblico: al suo interno infatti c’è un parchetto dove si può passeggiare, e poi bar e ristoranti. E sarà interessante come riusciranno a garantirne la sicurezza contro le masse di sciamannati No vax che, si immagina, vi potranno e vorranno bivaccare. Attacchi ai siti del gruppo anglosvedese a Cambridge si sono verificati già del resto nei mesi scorsi, con gruppi di protesta del brand “Global Justice Now” che chiedono di togliere il brevetto sui vaccini.

 

Il centro di ricerca è stato inaugurato in pompa magna, non solo dall’erede al trono pur riluttante all’architettura moderna, ma anche da vari ministri, perché questo è proprio il genere di investimenti che la gran Bretagna post Brexit agogna. In realtà la “foto di Cambridge” è anche la storia di un notevole successo e di una certa eterogenesi dei fini. Pochi si ricorderanno che nel 2014, quindi un secolo fa per i nostri canoni, AstraZeneca era un gruppo un po’ decotto che finì nel mirino del colosso  Pfizer. Una classica Opa, roba da “Wall Street” o “Succession”: gli americani si erano messi in testa di comprare l’azienda all’epoca in crisi per creare il più “big” dei big pharma al mondo. Del resto i due prodotti più importanti di AstraZeneca, un anticolesterolo chiamato Crestor e il farmaco cardiologico Nexium, sarebbero scaduti di lì a breve. Gli anglosvedesi decisero invece di resistere e di puntare sull’indipendenza. Gli americani si ritirarono, dopo aver offerto fino a 100 miliardi di sterline.

 

Si temeva quindi il peggio per AstraZeneca, che poi ha recuperato terreno. Non tanto grazie al Covid, come molti potrebbero pensare. Infatti lo vende a prezzo di costo, grazie all’accordo con l’università di Oxford che l’anno scorso decise di affidarle il vaccino quando nessuno voleva farlo. Già  in generale i vaccini sono un prodotto poco redditizio per le case farmaceutiche, sottolinea la rivista Fortune, perché non è che li devi comprare tutti i giorni, come invece molti altri farmaci. E poi appunto l’accordo con Oxford prevede che AstraZeneca produca senza profitti finché si è in pandemia, e solo da lì in poi invece guadagnandoci. Non è chiaro peraltro quando si considererà cessata ufficialmente la pandemia; negli ultimi tre mesi, scrive il Financial Times, l’azienda ha comunque registrato 1 miliardo di dollari di ricavi grazie al vaccino.  

 

Pochi rispetto a Pfizer (13 miliardi) e Moderna (5), mentre la povera Johnson & Johnson ha fatturato solo 502 milioni (certo, pure loro che si vanno a inventare il monodose...). Sono dati che ecciteranno comunque i complottisti e spingeranno probabilmente in futuro i progettisti a disegnare edifici meno inclusivi e sprovvisti di parchi, a meno di non voler diventare parchi a tema No vax (infatti proteste si sono tenute comunque davanti ai vari uffici di Pfizer e Johnson & Johnson nel mondo: senza particolari distinzioni di fatturati e quote di mercato).