Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret-Gris (La Chaux-de-Fonds, 6 ottobre 1887 – Roccabruna, 27 agosto 1965). Foto LaPresse 

Terrazzo

Le Corbusier in automobile

Valeria Sforzini

I mezzi di locomozione erano una grande passione per l'architetto: nella sua collezione privata, in mostra oggi alla Pinacoteca Agnelli di Torino, si trovano fotografie di aerei,
 navi e treni. E anche i disegni della “Voiture Minimum”, l'auto che aveva proposto anche all'Avvocato

Conchiglie spezzate dal mare trovate sulla spiaggia di Cap Martin, ossi tranciati dal macellaio, fossili, foglie, radici nelle quali si distinguevano bene le venature: Le Corbusier li chiamava “objets à réaction poétique” perché gli permettevano di instaurare un rapporto con la natura e da questa trarre ispirazione. L’architetto li recuperava nel corso dei suoi viaggi, nella sua vita di tutti i giorni e poi li portava a casa con sé, prima in rue Jacob e poi nell’appartamento-atelier al 24 di rue Nungesser et Coli. Amava circondarsene, tanto da definirli la sua vera collezione privata. Erano questi pezzi apparentemente trascurabili a dargli l’input per realizzare i suoi disegni e progetti. Così il carapace di un granchio trovato sulla spiaggia ha ispirato la Chiesa di Notre-Dame du Haut, in Francia, mentre sulle pagine della rivista “L’Architecture d’Aujourd’hui” pubblicava la fotografia della Villa à Garches compresa tra i disegni a pastello di due ossi della sua collezione.  

 

Alla Pinacoteca Agnelli di Torino, nella mostra “Le Corbusier. Viaggi, oggetti e collezioni”, realizzata in collaborazione con la Fondation Le Corbusier di Parigi, accanto ai suoi “objets à réaction poétique” si trovano anche gli “objets trouvés”, oggetti trovati nel corso del suo Grand Tour in Europa e nei suoi viaggi attorno al mondo come croci, souvenir, maschere, ceramiche e materiali da costruzione, ma anche le sue pipe e i suoi occhiali. I mezzi di locomozione erano una delle sue grandi passioni, per questo in mostra si trovano esposte fotografie di automobili, aerei,
 navi e treni, ma anche i disegni della “Voiture Minimum”, un’automobile che aveva proposto anche a Gianni Agnelli. 

 

“Oggi il suo appartamento-studio è quasi vuoto – spiega al Foglio Cristian Chironi, artista e curatore della mostra – ma allora questi oggetti occupavano uno spazio preciso nei cassetti, sulle mensole e nelle teche. Le Corbusier li metteva in relazione tra di loro, è così che innescavano in lui il processo creativo”. A colpirlo spesso erano le loro forme, la resistenza dei loro materiali, l’armonia tra le loro parti. Li considerava come compagni che assumevano un valore diverso all’interno dell’ambiente casalingo. Chironi ha dedicato gli ultimi sei anni all’architetto padre del Movimento Moderno, anche grazie al rapporto di amicizia che Le Corbusier aveva instaurato con il suo conterraneo, lo scultore Costantino Nivola. Con il suo progetto “My house is a Le Corbusier”, ha trasformato in residenza sei edifici creati da lui tra Bologna, Parigi, Marsiglia, Buenos Aires, Chandigarh e Berlino, per viverle e per mettersi alla prova. Tra 15 giorni inizierà un nuovo periodo di residenza a Maison Blanche, in Svizzera. “Con il mio progetto ho vissuto nel suo appartamento-studio dal quale proviene la sua collezione privata, oggi in mostra alla Fondazione Agnelli – spiega – per provare un’esperienza completa dell’ambiente, ho portato i miei oggetti e me ne sono circondato. Mai come oggi, abbiamo dato un valore diverso a quello che abbiamo in casa. Sta tutto nell’imparare a guardare le cose”

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