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Democrazia Baudiana. Il racconto dalla Camera ardente di Pippo Baudo

Carmelo Caruso

Lino Banfi propone di intitolargli il Teatro delle Vittorie, dove in tanti si recano per l'ultimo saluto. Il ricordo di amici e colleghi e le primarie per l'eredita del presentatore Rai 

Forse era vero. Il partito di centro poteva farlo lui. Democrazia Baudiana. Biancofiore e BiancoPippo. Sì prendono, e riprendono, un pezzo di Pippo Baudo, il Baudo “perbene”, di “gusto”, Baudo “l’insostituibile”, gli italiani che sono qui di fronte al Teatro delle Vittorie, in questa Roma desolata, triste, solitaria: anche i cani sono fuggiti. Qui dentro il feretro, a destra i figli, a sinistra le telecamere. La diretta. Fuori siamo tutti spettatori. Lo omaggiano Antonio Tajani, Mara Venier, c’è il direttore generale Rai, Roberto Sergio, che promette ai giornalisti, “lo ricorderemo come merita”. Propongono già, lo fa Lino Banfi, di titolare a Baudo il Teatro delle Vittorie, e ora è tutto “lo stile Baudo”.

Chi è l’erede? È morto da due giorni e ci sono già le primarie: Stefano Demartino è il favorito, quello che ha il consenso della base e dell’apparato Rai. La verità è che anche da morto gli ha fatto il regalo. Riempie il palinsesto anche adesso che lascia, con le sue repliche, gli speciali. Dice Giorgio Assumma, l’avvocato amico, che anche Baudo concordava con lui: “Una vita eterna? Sai che noia!”.

Arriva Massimo Lopez che era andato a fargli visita tre mesi fa: “E ancora mi correggeva, suggeriva”. È vero che era malinconico? Depresso? E Assumma dice sì che lo era e che però si è spento dormendo come un bimbo. Sul muro campeggia un “grazie Pippo”. Anche il ricordo è discreto, tanto silenzio, tanti anziani con il cappello di paglia per “Pippo”, il nome piuma della televisione, Pippo lo spilungone che non sapeva immaginarsi senza la Rai. Piange Banfi quando dice: “Ci siamo salutati con un ‘ci rivedremo’ ma non ci siamo detti dove sarebbe stato il prossimo appuntamento”.

Ha aggiustato anche la scena della sua camera ardente. Il fresco, un leggero vento. In processione si susseguono attori, conduttori. Veronica Pivetti ricorda che lo chiamava domenica sera perché Baudo era anche mezzo medico. L’illusionista Casella questa volta non ha magie. Se n’è andata l’allegria. È un festival la strada, questa via Col di Lana, una striscia che vale più di un palinsesto. È l’uscita come l’avrebbe immaginata Baudo. Un trombettista si propone e canta. Vecchie signore accompagnate dalle figlie vengono a posare fiori a “Pippo”.

C’è la presidente Rai mancata Simona Agnes, che si meritava davvero la presidenza: è da stamattina in piedi a rappresentare l’azienda. 

Non troveranno l’erede ma la sua morte ha già restituito alla Rai un po’ di buon gusto, ricordato che un tempo c’è stata l’egemonia baudiana: libri letti, educazione, sperimentazione. Dice Fiorello a Nino Luca del Corriere: “Ha avuto il coraggio di fare cose oggi impensabili. Di dire: Andrà male ? Chissene frega”. A Militello, il sindaco Giovanni Burtone, prepara il funerale di mercoledì. Baudo, il papavero tra tanti paperi.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio