Ricetta seriale

Lezioni di Chimica dalla cucina di Elizabeth Zott

Su Apple Tv+ la serie che racconta la storia della brillante scienziata che negli anni '50 si è reinventata all'interno di un settore per soli uomini, camuffando il suo laboratorio dietro ai fornelli

Gaia Montanaro

È disponibile da qualche settimana su Apple Tv+ Lezioni di Chimica, serie in otto episodi e adattamento del best seller omonimo di Bonnie Garmus (edito in Italia da Rizzoli) che racconta la vita di una chimica che negli anni Cinquanta deve virare la propria carriera scientifica e – facendo di necessità virtù – si mette a condurre un programma di cucina in cui di fatto spiega alle casalinghe americane come preparare piatti succulenti anche grazie alla conoscenza organica degli ingredienti. Elizabeth Zott (interpretata da Brie Larson) è carina, minuta, brillante e naif quanto basta. Fa il tecnico di laboratorio presso l’Hasting Research Institute di Los Angeles, attorniata da colleghi uomini (più o meno capaci) che apprezzano molto il caffè preparato da Elizabeth (ma un po’ meno quando la ragazza fa valere le proprie idee in ambito scientifico). Nella fatica per cercare il proprio posto – e un riconoscimento delle sue qualità professionali – trova un alleato nel collega Calvin Evans (Lewis Pullman), brillante scienziato in odore di Nobel, anticonformista e pieno di idiosincrasie che però riconosce a Elizabeth delle qualità e a lei si associa per una ricerca. Ne nascerà un sodalizio professionale e anche personale (galeotta fu la ricerca del formaggio perfetto per fare le lasagne) e di lì a poco anche la carriera lavorativa della Zott avrà una svolta. La donna viene assoldata per condurre un programma televisivo di cucina – Cena alle sei – in cui, attraverso la preparazione dei vari piatti che le casalinghe metteranno in tavola alla sera, fornisce alle donne dei rudimenti di chimica.

La Zott cucina con la chimica, con l’approccio mentale e il rigore della scienziata, ma via via capirà che per cucinare bene (e non solo) ci vuole anche amore. Non basta la testa, ci vuole il cuore. Lezioni di chimica è un racconto molto classico dal punto di vista narrativo, una bella storia – intelligente e intrinsecamente positiva – con una messa in scena esemplare (comme d’habitude per le serie Apple) e con tutti gli ingredienti giusti. La tematica femminista è manifesta e permea il racconto ma non si scade mai nell’ideologia fine a sé stessa. Perché al centro della storia c’è un bel personaggio che fa della non empatia (iniziale) e del suo viaggio personale che la porta a sentire non solo con la testa ma anche con il cuore la chiave del racconto. Il tutto confezionato con un’attenzione al dettaglio di prim’ordine, set design e costumi curatissimi. Alla ricetta manca solo un pizzico di sale: sarebbe stato tutto “perfetto” se questa storia fosse stata ispirata a un personaggio reale. Così ci si aspetta, sembra naturale che Elizabeth Zott sia veramente esistita. Invece è tutto frutto dell’immaginazione dalla Garmus. Ma il finale lascia comunque un buon sapore.

Qual è la pasta visiva di Lezioni di Chimica? Toni ambra e beige predominano nel racconto visivo della vicenda di Elizabeth Zott. I costumi sono quelli tradizionali degli anni Cinquanta/Sessanta per tutti i personaggi mentre Elizabeth, pur in linea con il proprio tempo, indossa abiti più anticonformisti (più pantaloni che gonne ampie al ginocchio). La cucina – laboratorio è anch’essa plasmata sulle esigenze, pratiche ed estetiche – della donna: niente tendine e carta da parati fiorata alla Betty Draper ma un ambiente più sobrio e pratico (ma non meno ricercato), niente grembiule con i volant ma un bel camice bianco, chemistry style.

Qual è il tono della serie in tre battute?

"Occuparsi dei propri cari richiede impegno. Un vero impegno".

"A volte gli errori sono un bene. Possono condurci a qualcosa di inaspettato".

"Nella scienza, si cerca di controllare ogni variabile del proprio esperimento. Molte volte le cose vanno male. Quindi stasera mangeremo gli avanzi. Bambini, apparecchiate. La mamma ha bisogno di un momento per sé".

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