Ricetta seriale

“Pesci piccoli”, una comedy italiana sullo stile di “The Office”

È uscita su Amazon Prime Video la nuova produzione del gruppo partenopeo The Jackal, che anche questa volta non tradisce le aspettative. Il racconto di un'agenzia creativa di provincia priva di competitività, supportato da una scrittura ben calibrata e dosata

Gaia Montanaro

È disponibile dall’8 giugno su Amazon Prime Video la nuova serie comedy del gruppo partenopeo The Jackal dal titolo “Pesci piccoli – Un’agenzia. Molte idee. Poco budget”. Sei episodi da trenta minuti ciascuno in cui è compressa tutta l’essenza dei The Jackal che scelgono di ambientare in loro racconto – come in ogni workplace comedy che si rispetti – in un’agenzia creativa di provincia. Protagonisti sono Fabio Balsamo, Gianluca Fru, Aurora Leone e Ciro Priello, un gruppo di creativi che lavorano in un’agenzia piccola e che si occupa di clienti di seconda fascia e soprattutto locali. A loro si aggiunge Martina Tinnirello che interpreta Greta, professionista di comunicazione che viene epurata da una grande agenzia del nord a causa di un incidente con un cliente illustre (Achille Lauro) e che per questo viene mobbizzata e mandata a lavorare in un’agenzia del sud.

 

Qui trova una realtà molto diversa da quella a cui era abituata, non solo per la tipologia di clienti per cui deve lavorare. I colleghi sono infatti un gruppo affiatato, ciascuno con un proprio ruolo nell’ecosistema ufficio, interessati a lavorare bene ma anche – e soprattutto – a vivere in un contesto poco competitivo e dove si stia bene. Non c’è arrivismo ma capacità di relativizzare e ridimensionare, nessuno viene lasciato indietro e le piccole manie e ossessioni di tutti vengono accolte e valorizzate. Un luogo dove il profitto e il risultato non stanno necessariamente al primo posto ma, consapevoli dei propri limiti e possibilità, ciascuno fa quanto gli è possibile – in leggerezza.

 

Questo cambio di paradigma per Greta costituirà una nuova prospettiva sul suo lavoro e anche sulla sua esistenza, riuscendo persino a intravedere che non è poi così male essere dei pesci piccoli. Tutto questo i The Jackal lo ottengono con una scrittura ben calibrata, lontana dal rischio episodicità che avrebbe potuto manifestarsi ma con un’ironia ben giostrata e una struttura narrativa compatta. Non tradiscono insomma la loro essenza ma fanno un passo in più in ottica di strutturazione drammaturgica e di racconto. Intendiamoci: per chi ha in mente fulgidi esempi di comedy “da ufficio” (soprattutto di estrazione britannica), non c’è nulla di così innovativo. La serie lo è però perché cala quella lezione del contesto italiano, la rielabora e la rende immersa in un linguaggio identitario. È una serie interessante “Pesci piccoli”, che nasconde altro potenziale ancora inespresso. La serie è diretta da Francesco Ebbasta che è anche tra gli sceneggiatori insieme a Luca Vecchi (dei The Pills), Alessandro Grespan e Stefano Di Santi.

Quali sono i riferimenti di Pesci Piccoli?

Come si accennava, sono chiari è diretti i riferimenti a cui i The Jackal guardano per questa serie. Primo fra tutti svetta The Office (nelle sue varie versioni), serie ambienta appunto in un ufficio che, mescolando il linguaggio finzionale puro con quello del mockumentary, racconta in modo scorrettissimo i vari personaggi – a partire dal capo – che animano il luogo di lavoro. Lì a farla da padrone – oltre a un tocco di farsa – è la black comedy, l’ironia scorretta e pungente. Questa non manca anche in un possibile altro parallelo, quello della redazione di un giornale di provincia in cui lavora il protagonista di After Life (Ricky Gervais), anch’essa luogo pullulante di alcuni personaggi improbabili tutti accomunati da una certa consapevolezza dei limiti oggettivi del contesto in cui lavorano.

Qual è il tono della serie?

Un ingrediente interessante e non scontato che “Pesci piccoli” riesce a ottenere e un mix di ironia e risate con però alcuni momenti emotivi di gusto che contrappuntano in racconto e lo rendono efficace anche ad un livello più profondo. La serie è in tutto e per tutto una comedy pura ma – anche qui la scuola anglosassone docet – si intravedono intuizioni embrionali di come rendere il racconto avvincente anche dal punto di vista emotivo. Tutto molto dosato e senza strafare ma questa pare essere la via giusta.

Qual è il tono della serie in tre battute?

“È un’altra giornata di compromessi con la vita per il mite Fabio”.

“Vai a farti rovere”.

“Faccio la voice over alle vostre vite perché fanno schifo”.

Di più su questi argomenti: