Ricetta seriale

Il nuovo Django, più contemporaneo e sfaccettato

Debutta stasera la nuova coproduzione internazionale di Sky: un western dal ritmo lento e dilatato che nasce con il chiaro intento di piacere all'estero

Gaia Montanaro

Debutta stasera – 17 febbraio - con i primi due episodi su Sky e Now Django, imponente coproduzione internazionale realizzata da Sky Studios, Canal +, Cattleya, Atlantique Production e Studiocanal che rilegge – in chiave moderna e peculiare – il già audiovisivamente noto personaggio di Django. L’icona western inventata da Sandro Corbucci e riletta da Quentin Tarantino, vive oggi una nuova vita – più contemporanea e calata nelle istanze del presente – con questa neonata versione seriale.

Siamo in Texas alla fine dell’Ottocento e Django raggiunge nella notte New Babylon, città sorta in messo ad un cratere e che è nata con l’obiettivo di accogliere gli outcast, ovvero chiunque abbia desiderio di abitarvi, indipendentemente dalla provenienza e dalla razza. New Babylon è stata fondata ed è governata da John Ellis, ex ufficiale incaricato nella Union Army allo scoppio della Guerra Civile, durante la quale ha perso l’ex moglie e il figlio maggiore. Ora Ellis è deciso a sposare Sarah, la figlia di Django ed è il motivo per cui l’uomo l’ha raggiunta in città. Da qui scaturiscono una serie di scontri – crudissimi (serie per stomaci forti) – in cui la lotta per il potere e per l’affermazione spargeranno sangue e vendetta.

 

La serie, enorme sforzo produttivo e di mezzi, ha il merito di restituire un personaggio di Django diverso nelle sfumature rispetto al precedente immaginario che lo caratterizzava. Django qui, infatti, è un personaggio sì violento e muscolare ma del quale sono messe in scena anche le vulnerabilità, l’attaccamento agli affetti famigliari, l’umanità che raramente si era intravista nelle precedenti declinazioni. Come è fisiologico (ma non sempre scontato) per le serie tv, la scelta è stata quella di rendere il protagonista più sfaccettato, tridimensionale e quindi foriero di possibili cedimenti ed elementi di debolezza che potessero renderlo più interessante (e drammaturgicamente fertile, il che non guasta se la storia deve protrarsi per più episodi). Django è interpretato da Matthias Schoenaerts, con co-protagonisti Nicholas Pinnock, Lisa Vicari e Noomi Rapace. I primi quattro episodi sono diretti da Cristina Comencini (che firma anche la direzione artistica del progetto), affiancata – nel team di regia – da David Evans ed Enrico Maria Artale. La serie è creata e scritta da Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli (marchio di fabbrica), con Francesco Cenni e Michele Pellegrini (Max Hurwitz firma invece due sceneggiature) e vede nel cast anche Manuel Agnelli, Vinicio Marchioni Thomas Trabacchi, Camille Dugay e la partecipazione straordinaria di Franco Nero.

Quali sono i precedenti di Django?

Il personaggio di Django, con l’aspetto mitico che porta con sé, nasce nel 1966 con il film di Renato Corbucci che aveva come protagonista Franco Nero, consacrato come uno dei volti simbolo del genere western. La pellicola portava in scena tutta la violenza e la spietatezza del personaggio di Django, uomo senza pietà e carico di cinismo. Nel 2012 Quentin Tarantino realizza invece Django Unchained, pellicola candidata a cinque Oscar (ne vinse due), dal buon riscontro di pubblico e critica in cui Tarantino arricchisce con il proprio immaginario narrativo (non lesinando comunque in spietatezza, anzi) il personaggio di Django legandolo, in modo decisivo, al suo linguaggio cinematografico.

Quali sono le caratteristiche produttive di Django?

Fin dalle prime scene di Django, si nota in modo netto l’enorme sforzo produttivo – di tutti i comparti cinematografici – che ha portato alla realizzazione della serie. Le riprese si sono svolte in Romania, tra Racos, Bucarest e l’area del Danubio (set così mastodontici implicano trasferte lunghe e particolarmente faticose che mettono a dura prova le maestranze ovvero lavoro per gente attrezzata, astenersi principianti). La pasta visiva di Django è molto ricercata, le inquadrature ampie e di grande respiro, la ricostruzione degli ambienti interni è ben realizzata. Il ritmo è lento e dilatato – nel pilot si soffre un po’, poi la vicenda entra più nel vivo. È comunque, e decisamente, un prodotto che nasce con un chiaro intento interazionale (e le “gambe” produttive per esserlo).

Qual è il tono di Django in tre battute?

“Che la lotta cominci” “Un uomo così importante ma non un uomo di parola”  “Noi siamo liberi”

Di più su questi argomenti: