"La tv italiana è intossicata dalla propaganda russa". Parla Rula Jebreal

Luciano Capone

"Si dà spazio a propagandisti russi in guerra contro la realtà. Santoro ormai dice le stesse cose di Salvini, gli stanno aprendo un'autostrada. Putin sta facendo in Ucraina ciò che ha fatto in Cecenia e in Siria con Assad. aiutare gli ucraini a difendersi con le armi è un principio morale e politico”. 

"La democrazia è sotto attacco, accade con le bombe in Ucraina ma anche con le azioni quasi sincronizzate di un asse di dittatori, dalla Russia ai paesi arabi, che sta destabilizzando l’Europa con la corruzione e la propaganda”. Rula Jebreal, analista di politica internazionale, è reduce da una relazione alla Commissione diritti umani del Parlamento europeo dove ha parlato proprio di questi temi. C’è, secondo la giornalista palestinese che ha lavorato a lungo in Italia, una connessione tra le guerre dei dittatori arabi, da Assad a Mohammad bin Salmān, e quella di Putin in Ucraina. “La narrazione è sempre la stessa, i dittatori sauditi e degli emirati arabi dicevano di combattere i jihadisti, usavano la paura dell’occidente del terrorismo per intervenire contro la democratizzazione”, dice Jebreal al Foglio. “Assad diceva di liberare la Siria dagli islamisti mentre bombardava gli attivisti pro democrazia, e lo stesso diceva Putin quando ha raso al suolo la Cecenia e poi la Siria. Ora sta facendo la stessa cosa in Ucraina: dice di fare la guerra ai nazisti e uccide i civili, anche attraverso le milizie cecene, siriane e il gruppo Wagner. Gli islamisti e i nazisti li sta usando lui. L’estrema destra in Europa l’ha finanziata lui”.

 

Questa alleanza tra autocrazie petrolifere Jebreal la vede in atto anche nello scenario ucraino, nel cui contesto gli aspetti economici e le fonti energetiche giocano un ruolo fondamentale. “Dopo le sanzioni i dittatori del Golfo stanno aiutando Putin, Abu Dhabi è un hub internazionale per il riciclaggio di denaro russo rubato ai russi. Usano petrolio come ricatto all’occidente, è il petrolio che finanzia la guerra di Putin e chi lo sta aiutando a tenere i prezzi alto sono Arabia Saudita ed Emirati Arabi”.

 

Nel dibattito pubblico italiano però, rispetto ai giorni iniziali, la narrazione si sta spostando sempre più dalla condanna dell’invasione di Putin alla ricerca delle responsabilità dell’Ucraina, della Nato o degli Stati Uniti. “Sono partito dall’Italia che La7 era casa mia, ora è irriconoscibile. Raccontavamo quello che accadeva, ora invece vedo in generale sulle televisioni italiane un’operazione pericolosissima di revisionismo storico e di manipolazione che mette a confronto sullo stesso piano la realtà e la propaganda”. È il pluralismo delle opinioni, non si può imporre una narrazione unica sulla guerra. “Ci sono le opinioni e ci sono i fatti. Ognuno ha diritto alle proprie opinioni, ma non ai propri fatti. Non si possono riciclare storie non vere, mettere in dubbio il massacro di Bucha, sentire professori che parlano di come si vive felici in dittatura. Si dà spazio a propagandisti russi che sono in guerra contro la verità. Anche negli Stati Uniti c’è Tucker Carlson a cui piace Putin, ma sono voci minoritarie della destra estrema. È triste vedere opinionisti progressisti che cadono in quella trappola, accecati dalle posizioni contro l’America, che va criticata e condannata quando commette errori e crimini, ma non sempre e a prescindere”.

 

Non posso chiederti di Michele Santoro, con cui hai lavorato, che pare corrispondere a questo profilo: è uno dei più strenui accusatori degli Stati Uniti e oppositori dell’invio delle armi all’Ucraina. “Ho visto il suo confronto con Paolo Mieli, che gli ricordava quando diceva a Bush di fermarsi mentre ora non lo dice a Putin ma a Biden. Mi rattrista vedere una persona che abolisce la capacità di critica. Non vorrei farne una questione personale, ma in questi anni ho visto una metamorfosi anche sul tema del Covid e dei vaccini. Non è che pur di andare conto il governo o l’America si può andare contro la verità, perché così muore la democrazia. È strano vedere Santoro che dice le stesse cose di Salvini”. Sarà lui ad avvantaggiarsene? “Dopo la figuraccia fatta in Polonia con la maglietta di Putin Salvini era sotto schiaffo, si è rianimato grazie a certi progressisti e cattolici. Gli stanno aprendo un’autostrada con questa narrazione mistificatoria sulla pace”. I pacifisti sono contro l’invio delle armi, prolungherebbe la guerra. “Qui non si tratta di esportare la democrazia con le bombe, ma di difendere una democrazia da chi vuole esportare la dittatura con le bombe. Le armi non vanno vendute ai dittatori sanguinari, ma adesso abbiamo un popolo che viene sterminato. Zelensky è stato invitato ad arrendersi, ma è con il suo popolo che resiste. Dare la possibilità di difendersi è un principio morale e politico”.

 

Dicono che sia la Nato a volere la guerra con la Russia. “Ma questa è una mistificazione. Paesi socialdemocratici e storicamente neutrali come la Svezia e la Finlandia stanno decidendo ora di entrare nella Nato, una svolta epocale. Sono diventati improvvisamente guerrafondai o lo fanno perché è Putin che minaccia la pace e la democrazia?”. Non ti convince neppure la tesi della “guerra per procura”, fatta dall’Ucraina per conto degli Stati Uniti. “Biden era pronto a far scappare Zelensky, l’America pensava che l’Ucraina sarebbe caduta subito. È stata la resistenza eroica degli ucraini che ha obbligato il mondo a svegliarsi. Biden è intervenuto dopo, questa è la verità. Chi racconta il contrario, motivato da cinismo e antiamericanismo o dall’opposizione al governo Draghi, non si rende conto che le sue parole vengono interpretate come la giustificazione di un dittatore sanguinario”. Santoro direbbe che è lei che è cambiata, perché ora in America frequenta gente ricca e potente. “Sono sempre coerente con i miei princìpi, non ho fatto altro che raccontare chi è distrutto dalla guerra a partire dalla Siria. Chi vuole deflettere dall’argomento in genere la butta sul personale per delegittimare l’interlocutore. Sono parole che definiscono più chi è diventato Santoro. Chi definisce me è il mio lavoro”.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali