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“Te la ricordi la Diciotti?”

Andrea Minuz

Lo smarrimento delle tv costrette a trasformare il salvinismo in un techetecheté

Segni dei tempi nuovi alla tv. Salvini in difficoltà e addirittura interrotto al Tg2 non s’era mai visto. L’altra sera, mentre sciorinava l’elenco dei suoi tweet (il partito delle poltrone, Bibbiano, il governo che nasce a Berlino, Di Maio ministro della Boschi) la conduttrice lo frenava bruscamente: “Va bene, ma ora qual è lo slogan?”. Sì, insomma che si fa? “Lo slogan è sempre prima gli italiani”. Gelo nello studio. Salvini provava a spiegarsi meglio ma era anche lui sgomento, attonito, incredulo, sembrava Alberto Sordi in “Tutti a casa”: “Signor colonnello è successa una cosa incredibile! I tedeschi si sono alleati con gli americani”. La prima apparizione dopo il giuramento giallorosso va decisamente male. Anche noi come la conduttrice del Tg2 aspettavamo un guizzo, un’invenzione, una novità, qualcosa per dare senso a una telepolitica che al momento non sa bene che fare. I fiancheggiatori del Capitano sono spaventati.

 

I guru del sovranismo televisivo annaspano, si arrovellano su “Conte traditore risucchiato dai Poteri Forti” e “la manovra di Bruxelles”, mentre Fusaro precisa: “Conte ci ha consegnato ai globalisti, questo è un governo di liberisti”, la prova inconfutabile è la caduta libera dello spread. Vorremo chiedere spiegazioni all’economista del popolo, Antonio Maria Rinaldi, ma non si trova più, sarà ancora in vacanza. La frattura tra paese reale, televisione e politica si moltiplica in un gioco di specchi infinito. Siamo stati catapultati in una falla di sistema, una curiosa bolla spazio-temporale che tiene insieme il presente politico e il passato televisivo.

 

All’improvviso abbiamo un premier ultraeuropeista, i ministri della Fgci e della Cgil e l’internazionale sovranista in tv. La crisi più pazza della storia della Repubblica è andata in scena mentre quasi tutti i talk-show erano in ferie e oggi il rosario brandito in piazza da telepredicatore matto, le moto d’acqua della polizia, i DJ Set al Papeete sembrano cartoline da un passato sbiadito. Le giravolte della democrazia parlamentare sono state più rapide della tv, la crisi d’agosto è diventata così una furiosa vendetta della politica e delle più formidabili “manovre di Palazzo” sulla think tank del populismo televisivo.

 

Ci si domanda ora che fine farà tutta questa televisione progettata nella fase più propulsiva del leghismo e del grillismo Fase Uno o Mandato Zero, una tv che raccoglieva i frutti di una logorante campagna anticasta durata anni e anni, ma che all’improvviso è già diventata vecchio materiale di repertorio ancora prima di partire, buona al massimo per una puntata di “Techetecheté” sulla nostalgia dei porti chiusi: “Te la ricordi la Diciotti?”, “Guarda com’era giovane Salvini”. E’ in fondo anche questa una piccola vittoria. Perché abbiamo sempre deplorato la lentezza della democrazia parlamentare, lo scollamento dei suoi rituali dalla velocità supersonica dei social e della tv che si muovono in sintonia con le trasformazioni della società. La politica ostaggio della televisione, degli slogan e dei sondaggi ha invece ritrovato in questa crisi una specie di scatto d’orgoglio. Se mettiamo da parte il fatto che per ora ci ha regalato un governo un po’ Bruxelles, un po’ Venezuela, è pur sempre un inizio.

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