Il trio La Smorfia, da sinistra Enzo De Caro, Lello Arena e Massimo Troisi

“Non stop” e quei talenti che la Rai non produce più

Giovanni Benincasa

Il 1978 è stato un anno ad altissima densità storica e comica: passarono tre papi, due capi di stato e la tragedia Moro. Poi, dopo tanta tragedia, la seconda edizione di un programma comico e rivoluzionario

Ti sembrerà assurdo ma è così: Il 1978 è stato un anno ad altissima densità storica e comica: passarono tre papi, due capi di stato e la tragedia Moro, vissuta quasi come una serie drammatica di 54 puntate in 54 giorni. In un solo anno, ti giuro: Paolo VI, Papa Giovanni Paolo I e Papa Giovanni Paolo II. Sandro Pertini arrivò come un pompiere per spegnere l’inutile incendio che portò alle dimissioni del presidente Leone, ma i motori di quell’anno si erano già bruciati con il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro. Un anno pazzesco, un anno da studiare sempre. Come a dire: è successo un 78! L’altra sera sono andato a Napoli per festeggiare i quarant’anni della Smorfia, il trio comico composto da Lello Arena, Enzo De Caro e Massimo Troisi. Una serata a piazza del Plebiscito, su iniziativa di Arena, De Caro e Stefano Veneruso, per ricordare quel gruppo e per omaggiare l’immenso Troisi. Quarant’anni fa era proprio il 1978 e quel Trio, che in origine si chiamava i Saraceni, debuttò a Roma alla Chanson di Largo Brancaccio grazie a un colpo di fortuna: devi sapere che De Caro era andato in quel cabaret per vedere uno spettacolo. Scoprì che gli attori si erano tutti ammalati e così propose al proprietario del locale, Marcello Casco, di far debuttare lui con i suoi due compagni: Lello e Massimo. Quella sera stessa. Il successo fu tale che rimasero in cartello tre mesi. Il giorno del loro debutto alla Chanson era il 21 aprile 1978, data del mio 18 compleanno.

 

 

La fine di quell’anno fu quasi simbolica: dopo tanta tragedia, riprendeva la seconda edizione di un programma comico e rivoluzionario: “Non Stop”. Far ridere nel 1978 aveva forse qualcosa di liberatorio, dopo tante lacrime e sangue. E chissà se l’aveva pensato, in quei giorni, il giovane Giancarlo Magalli, bravissimo autore di quel programma e intuitivo scopritore di talenti. Firmavano con lui Trapani, Testa e Pogliotti. Bruno Voglino era il dirigente Rai che accese la macchina di quella trasmissione. Pensa che proprio Voglino incaricò Marcello Marchesi (quando dico Marchesi, tu alzati in piedi) di sviluppare una prima idea per quell’intreccio di talenti, ma la sua idea non piacque. Marchesi morì nel 78, in mare, contro uno scoglio. Sì, nel 1978. L’appuntamento con “Non Stop”, il giovedì sera, era per me qualcosa di irrinunciabile e liturgico. C’era la Smorfia, un trio di cabarettisti napoletani che mi facevano impazzire. C’era una tale ricchezza di comici, di situazioni e di scambi di binari, che io ero allibito come un bambino che entra per la prima volta in un negozio di giocattoli. Quella sigla meravigliosa con la scritta Ballata senza manovratore, cioè programma senza conduttore. Quegli azzardi di Enzo Trapani. E poi quei Troisi, quei Verdone, quei Nuti. E poi coriandolate di beruschi, di messeri e di tanti altri. Riesci a vederlo, quanto colore in un anno così grigio? Ci pensavo, l’altra sera, proprio sul palco di Piazza del Plebiscito, ricordando la nascita della Smorfia e il caro, carissimo Massimo Troisi. In un anno, il 1978, la Rai aveva sfornato un gruppo di comici destinati a fare Commedia nel tempo: una generazione che avrebbe cioè sostituito i Sordi, i Manfredi, i Tognazzi. Dio ci conservi Zalone e ci conservi Fiorello, oggi. I due più grandi, i due più inimitabili in questi tempi di bassissima densità comica, dopo tante stagioni di battutari. Oggi la Rai non crea più niente di ineguagliabile, non sperimenta, non alza sipari e non crea Commedia. A piazza del Plebiscito ci pensavo, a questo deserto comico, a questa vita che ti spiana una miriade di facce minori e inutili e che ti concentra tre papi in un solo anno. Capirci qualcosa è difficile. Ma ce lo sapremo ridire, lo sai: a ogni morte di Papa.