Fedez e Mara Maionchi durante la puntata di ieri sera di X Factor (foto LaPresse)

Un X Factor dalla vena filantropica e con polemiche pentatoniche

Simona Voglino Levy

La seconda puntata dei live va giù tipo pillola. L'attacco di Agnelli a Enrico Nigiotti e le scenografie con plastica riciclata

La puntata è iniziata bene con Sam Smith. E si sa, chi ben comincia è a metà dell’opera. E’ "scivol-Factorata" molto più svelta della precedente, anche grazie alla favella ben pronta dell’abile presentatore, Alessandro Cattelan, che ha introdotto gli undici concorrenti con ritmo, sparandoli in una sfilata di bel canto che, a dire il vero, in tv non è scontato trovare.

 

Complice la personalità dei giudici, amalgamati in una giuria spassosa e davvero ben pensata (vedi alla voce scaramucce godibili senza uscire dalle righe), la seconda puntata dei live di X Factor è andata giù tipo pillola, senza bisogno che a indorarla occorresse un po’ di zucchero.

  

 

Per ogni appuntamento, un tema sociale. Si dichiara così la vena filantropica del talent di Sky Uno. E quindi: dopo il manifesto canterino messo in piedi per condannare (a dire il vero con un pizzico di retorica, forse inevitabile) la violenza contro le donne, questa volta è toccato all’ambiente: di preciso al mare coi suoi pescioloni invasi da tonnellate di plastica. Poveri pescioloni. E dunque: scenografie in sola plastica riciclata per la seconda puntata. Ave o Luca Tommassini.

 

I concorrenti, che da 12 s’erano assottigliati a 11, sono scesi ulteriormente a 10 con l’eliminazione fresca di Virginia Perbellini, giovanotta che per volontà paterna dovrebbe dedicarsi più che altro ai numeri e all’economia e invece lei, dotata e caparbia, s’è data al talent fottendosene del dictat e uscendone naturalmente simpatica non foss’altro che per la ribellione giovanile. Speriamo dunque che il babbo la risparmi da un insopportabile: io te l’avevo detto.

  

 

Il primo a esibirsi, poco dopo la delizia di Sam Smith, è stato Enrico Nigiotti, puledro da corsa della scuderia di Mara Maionchi. Il cantautore s’è mostrato sulle rime di  Quelli che ben pensano, brano sempre attuale in effetti, solo in versione più rock blues. Ha suonato tutte le chitarre elettriche dell’arrangiamento favorendone anche un assaggio live sul finire dell’esibizione. Ed ecco il primo accapigliamento in giuria che chiameremo: lo scontro della pentatonica. Che sarebbe una scala musicale composta da sole 5 note, appunto, che per i profani è come parlare di astrofisica nucleare (o quasi). Ma per i giudici no. Ed ecco tutta la conoscenza di Manuel Agnelli farsi pavone per sottolineare la semplicità dell’esercizio eseguito dal Nigiotti che, per dirla col giudice ostentatamente colto “è la base”. E sarà. Ma Nigiotti ha passato il turno senza difficoltà con nota a margine, sussurrata al suo giudice, degna di lode: “Gliel’abbiamo messa nel culo”, ha parafrasato nell’orecchio di una Maionchi festosa.

  

 

Quindi, Sem&Stenn con un pezzo estremo. La scelta per la coppia dolcissima con un lato dark, un po’ creepy per dirla col loro giudice Agnelli (che anche meno) è stata, Marylin Manson. Insolita certamente per il palcoscenico. Il merito è quello dell’originalità offerta al contesto. Poi, Rita Bellanza con la Verità di Brunori Sas. Che a dir la verità (la ridondanza è cercata) non è tanto la sua cosa, perché la fanciulla è troppo giovane per un brano che richiede la consapevolezza di chi davvero voleva scalare le montagne, ma si è fermato al primo ristorante. E a 20 anni si fa ancora in tempo a scalare senza fermarsi per mangiare.

 

 

Gabriele Esposito con un brano bello assai dei Twenty one pilots è bravo, ma non è niente di nuovo. I Maneskin si sono scatenati, al solito, sulla conosciutissima Beggin’ di Frankie Vally (and the four seasons). Brano azzeccato. Bravissimi loro, persino per i non appassionati del genere. Ovazione del pubblico meritata.

 

Quindi, Andrea Radice con Ed Sheeran. Al solito, godibile. I Ros con una versione decisamente punk dei Fiori d’arancio di Carmen Consoli hanno fatto annoiare Mara Maionchi che, per il disappunto di Manuel Agnelli e concorde con i colleghi Fedez e Levante, ha sentito poco canto e troppe grida. Scaramuccia alliscia auditel tra giudici, mentre la band s’accinge a scendere dalla faccia della torta nuziale (in plastica riciclata, of course) sulla quale s’è esibita.

 

E ancora, Samuel Storm con la sua esibizione da interprete intenso e navigato. Peccato solo per l’introduzione che ne ha schiaffato le lacrime di nostalgia per la terra perduta e la famiglia abbandonata in faccia al telespettatore che, imbarazzato, dev’essersi domandato se per caso era inciampato su qualche siparietto di Barbara D’Urso.

 

Finale in ottimo stile sulle capriole vocali della neo maggiorenne Camille Cabaltera che scuce alla sempre troppo composta Levante un bel “Tu spacchi il culo” e sui virtuosismi di Lorenzo Licitra. Per lui un bel Miserere, un po’ Zucchero e un po’ Pavarotti a esaltarne la versatilità. “Il clichet del lirico che fa il pop” per Agnelli. “La versione solista de Il Volo” per Fedez il quale, padre a breve, s’è fatto scortare in puntata dalla biondissima fidanzata che, gravida al 5 mese, resta più secca di una qualsiasi normo dotata, pur dopo un allenamento di Total body workout. E beata lei.

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