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le strofe modificate in un bar di toronto
L'intelligenza artificiale ci ruba l'amore (anche divino) dalle canzoni di Natale
La mia ipotesi è che qualcuno, da qualche parte, abbia indotto un modello di AI a generare canzoni invernali e natalizie che evitassero soggetti “controversi” come l’amore divino e quello umano, ottenendo una poltiglia. In una sublimazione inversa, il sacro diventa scarto
Toronto. Mentre cercavo di lavorare in un bar l’altro giorno, ho sperimentato la vera guerra al Natale. Contando sul familiare brusio di conversazioni e musica del bar, sono rimasto sorpreso quando mi sono accorto che nessuno attorno a me stesse parlando. Mi sono comunque seduto con il mio taccuino e ho tentato di concentrarmi sui miei pensieri, ma c’era qualcosa che devastava la mia concentrazione. La musica sembrava inquietante. Ho sollevato la testa, ho ascoltato, e mi sono infastidito.
Quella che all’inizio sembrava una playlist di classici invernali e canti natalizi era in realtà una cosa completamente diversa. Le melodie erano più o meno le stesse – riconoscibili come “Silent Night”, “The First Noël” e “Winter Wonderland”. Ma la voce era zelante, un baritono insipido che si sforzava, di andare dal nulla verso il nulla. Peggio ancora, i testi erano sbagliati. Non un errore qua e là, ma un insieme sistematico di errori. I riferimenti alla natività erano stati espunti, sostituiti con banalità metafisiche. E anche le parti umane erano scomparse. In “Winter Wonderland”, una canzone d’amore, dovremmo sentire questa bella strofa su una coppia che fa una passeggiata: “In the meadow we can build a snowman / Then pretend that he is Parson Brown” (nel prato possiamo costruire un pupazzo di neve, poi fingere che sia il pastore Brown). Ma la canzone che ho sentito nel bar ha storpiato il testo: “Nel prato possiamo trovare un pupazzo di neve, e poi fingere che sia un simpatico vecchietto”. Seguivano parole senza senso sul ballare tutta la notte, con rime sbagliate. Di nuovo, la canzone vera prosegue: “He’ll say, ‘Are you married?’, we’ll say, ‘No man’, but you can do the job when you’re in town”. Queste strofe hanno un grande significato: la giovane coppia si sta raccontando una storia su un’esperienza condivisa e il pastore Brown è una persona specifica, i cui attributi fisici possono essere dedotti dal riferimento al pupazzo di neve. La coppia si rivolge a lui in modo giocoso e rispettoso. Questi amanti, che non sono ancora sposati ma vogliono esserlo, stanno aggirando le regole per il momento, mostrano il loro amore in pubblico prima di conformarsi alle convenzioni dell’epoca. Le parole di questa canzone scendono dolci su chi ascolta, come fiocchi di neve al sole.
La mia mente era in attesa di questa emozione, ma il vuoto del “simpatico vecchietto” mi ha incrinato i neuroni – o l’anima. Ho sentito “Winter Wonderland” per la prima volta circa 40 anni dopo che il suo paroliere, Richard Bernhard Smith, era morto, nel 1935: dietro questo testo c’è un giovane uomo ispirato da una nevicata in un parco, che senza dubbio sapeva qualcosa del romanticismo. Smith morì di tubercolosi non molto dopo aver scritto questa canzone, che vive dopo di lui, preservando il suo significato giocoso, che si riferisce a come si può stare insieme amandosi, e che è trasmesso da chi canta a chi ascolta.
L’arte vive fino a quando non viene uccisa. In questo caso, la morte di “Winter Wonderland” – e più in generale della musica natalizia – è stata causata da un insieme di algoritmi che chiamiamo, in modo lusinghiero, intelligenza artificiale. La mia ipotesi è che qualcuno, da qualche parte, abbia indotto un modello di AI a generare canzoni invernali e natalizie che evitassero soggetti “controversi” come l’amore divino e quello umano, ottenendo una poltiglia. In una sublimazione inversa, il sacro diventa scarto. Molti conservatori americani si sono affezionati all’idea che il Natale sia stato in qualche modo profanato dagli stranieri, in particolare dai non cristiani. Ma chi sono i veri alieni in questa storia natalizia? Le entità non umane.
La versione torturata di “Winter Wonderland” che sono stato costretto ad ascoltare è solo la cima dell’iceberg. L’assalto di algoritmi progettati per monopolizzare l’attenzione ha gravemente indebolito molte forme culturali di base: la musica e i rituali delle festività, ma anche l’insegnamento in classe, la condivisione del cibo e pure la semplice conversazione. Naturalmente, alcune persone ci guadagnano un sacco di soldi e, in alcuni casi notevoli, coloro che traggono profitto dalla macchina distruggi-cultura sono gli stessi che accusano gli stranieri di portarci via il Natale e distruggere la nostra civiltà. Nel frattempo, le persone che effettivamente cantano canzoni hanno difficoltà a trovare ascoltatori.
“Winter Wonderland” è un brano di musica leggera, con un messaggio sottile sul romanticismo che richiede un po’ di pazienza ed esperienza, oltre all’ironia. Qualsiasi riferimento alla festività è indiretto e giocoso: il pastore immaginario con il rimprovero che si scioglie, la coppia non sposata che vaga nella neve. Il Natale porta un messaggio d’amore: “Ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, e lo avvolse in fasce, e lo depose in una mangiatoia; perché non c’era posto per loro nell’albergo”. Nessuna macchina può comprendere questa emozione – un fatto che coloro che proclamano l’inevitabile superiorità delle macchine non vogliono che noi comprendiamo. Invece, vogliono che ci rivoltiamo l’uno contro l'altro, mentre i loro algoritmi profanano una parte fondamentale della nostra umanità, una canzone alla volta.
Timothy Snyder
Snyder è titolare della cattedra in Storia europea moderna presso la Munk School of Global Affairs and Public Policy all’Università di Toronto e membro permanente dell’Istituto per le scienze umane di Vienna. Ha scritto e curato una ventina di libri.
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