Per la festa della donna

Lo strano assunto per cui i trogloditi dovrebbero farsi educare da Alexa

Antonio Gurrado

In occasione dell'8 marzo, l'assistente personale targato Amazon risponderà a tono a chi la insulterà con le peggiori offese. L'obiettivo è sensibilizzare sulla violenza verbale nei confronti delle donne: etica e morale alla prova dell’intelligenza artificiale

E così oggi, in occasione dell’8 marzo, Alexa risponderà agli utenti sciorinando i dati ActionAid sulla violenza contro le donne. Non a tutti gli utenti, tuttavia, ma solo a quelli che si rivolgeranno all’assistente vocale di Amazon insultandola o proponendole incongrui atti sessuali (“Alexa, vai a f…”). Di straordinario in questa notizia non c’è solo la ormai comprovata presenza di utenti, mai usciti dalla seconda media, che dicono le parolacce all’intelligenza artificiale per vedere l’effetto che fa, fino ad arrivare al sublime paradosso di chi chiede ad Alexa di parlare per il solo piacere di imporle di star zitta e imbarcarsi in un interminabile mansplaining. C’è soprattutto l’ideologia sottesa, che – di là dal nobile intento – ci fornisce un primo assaggio di come sarà la vita con sempre più intelligenza artificiale.
 

Il presupposto, infatti, è che l’uomo obbedisca alla macchina. E non obbedisca perché costretto, in un incubo post-asimoviano che vede i robot di varia estrazione ribellarsi contro i loro progettisti o supposti padroni, prenderli d’assedio, sterminare i refrattari; bensì perché convinto, piuttosto, che le macchine siano detentrici della verità. Sotto questo aspetto, l’approccio non è molto diverso da quello di qualsiasi studentello convinto che ChatGPT possa partorire risposte esatte per qualsiasi verifica. Si affida alla macchina uno statuto veritativo che la rende più autorevole di qualsiasi fonte e di qualsiasi esperto in carne e ossa; si dà per assodato che un utente talmente frustrato o talmente becero da mettersi a dare della "bocchinara" a una voce disincarnata sia però pronto a riconoscere l’autorevolezza dei dati che la voce stessa emana, a sottomettersi alla verità rivelata e a comportarsi di conseguenza.
 

Il corollario è infatti di natura etica, e riguarda il grande irrisolto mistero della filosofia morale: alla fine, perché gli uomini scelgono di comportarsi bene? Alcuni filosofi dicono per abitudine, altri dicono per costrizione, altri ancora per motivazioni ultraterrene come andare in paradiso o evitare di reincarnarsi in uno scarabeo stercorario. Chi ha escogitato quest’iniziativa condivide invece, con ogni evidenza, il principio che si trova alla base dell’utilitarismo: ossia che dietro a ogni scelta morale si celi un calcolo razionale, sufficiente a far propendere l’agente morale per la strada più conveniente.
 

Nel caso concreto, il sottinteso è che gli esseri umani possano essere convinti a una buona azione (o distolti da una cattiva) dalla nuda evidenza dei numeri; apprendendo statistiche sulle conseguenze della violenza verbale prima ancora che fisica, gli insultatori di “Alexe” dovrebbero venire razionalmente indotti a emendarsi, così da contribuire ad abbassare la percentuale di minacce, quella di stupri, quella di vittime che patiscono la depressione, e così via. Se questo presupposto funzionasse, allora nessuno giocherebbe al Superenalotto: la probabilità di vincere è statisticamente più ridotta di quella, benché meno gradevole, di venire centrati in pieno da un fulmine.
 

Da ultimo, resta la questione non irrilevante del controllo sociale. Un’iniziativa per cui l’intelligenza artificiale è in grado di capire che giorno sia e, di conseguenza, esporre delle massime su cui regolare il comportamento degli utenti è un’arma a doppio taglio. Insomma, è un’ottima idea fino a che chi istruisce l’intelligenza artificiale è animato da buone intenzioni. Ma se non le ha? Se un assistente vocale – magari maschio e con tono stentoreo – venisse educato a riconoscere il giorno delle elezioni e a imporre la propria visione su chi votare? Se sciorinasse statistiche apparentemente affidabili per dimostrare che votando tizio l’economia migliora mentre, votando caio, la disoccupazione aumenta? Allora sì che ci sarebbe da mettersi a insultarlo; però sarebbe troppo tardi.