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Sacha Baron Cohen va dai manager di TikTok a denunciare l'antisemitismo social

Giulio Silvano

Tra balletti e challenge, influencer e booktoking, ragazzi in età scolare parlano di come le parole di Osama “abbiano aperto gli occhi” sul presente tramite una lettera del 2002 che chiede la distruzione non solo di Israele ma di tutto l’occidente. Per l'attore “quello che sta succedendo sta creando il più grande movimento antisemita dai tempi dei nazisti”

Nel film Borat del 2006 c’è una scena in cui il protagonista, il giornalista kazako e antisemita interpretato da Sacha Baron Cohen, canta in un vero bar americano una canzone che si chiama “Nel mio paese c’è problema (E il problema è l’ebreo)”. Vari avventori, mentre bevono, cantano con lui e battono le mani durante il ritornello: “Butta giù l’ebreo nel pozzo, così il mio paese può esser libero”.

Comico e spaventoso vedere in questo mockumentary come si riuscisse facilmente a sollevare l’antisemitismo latente, almeno nei bar per redneck. Oggi, questa latenza è arrogantemente sbandierata e ha trovato un nuovo megafono e una nuova generazione. La viralità di una lettera di Osama Bin Laden su TikTok, come fosse una poesia sulle mestruazioni di Rupi Kapur o un inedito unplugged di Taylor Swift, ci terrorizza. E’ un cortocircuito mediale e ideologico. Tra balletti e challenge, influencer e booktoking, ragazzi in età scolare parlano di come le parole di Osama “abbiano aperto gli occhi” sul presente tramite una lettera del 2002 che chiede la distruzione non solo di Israele ma di tutto l’occidente. Responsabili sono anche le campagne sul privilegio e sul senso di colpa bianco che la cultura universitaria americana ha creato in questi ultimi anni, dove il colonialismo (bianco) è la cosa peggiore che sia mai successa nella storia umana.

Il giorno dopo la ritrovata fama del leader di al Qaida, la Casa Bianca ha dichiarato che “nessuno deve insultare le 2.977 famiglie americane, che sono ancora in lutto per i loro cari, mostrando vicinanza alle indegne parole di Osama Bin Laden”. Mentre è in California con un interlocutore delicato come Xi Jinping, Joe Biden deve preoccuparsi che i ragazzi americani stanno rivalutando l’ex nemico numero uno degli Stati Uniti. Quell’indifferenza verso l’attacco di Hamas che si era già intravista un mese fa, e un immediato puntare il dito sulle colpe passate di Israele, oggi è cresciuto in questo. E i social ne permettono una costante espansione senza controllo.

Baron Cohen, ancora prima del revival per il leader di al Qaida, ha detto che “quello che sta succedendo su TikTok sta creando il più grande movimento antisemita dai tempi dei nazisti”. Così come l’attacco del 7 ottobre è stata l’aggressione più massiccia agli ebrei dai tempi della Shoa. Dall’attacco terroristico il social cinese è pesantemente orientato a favorire i contenuti pro Palestina. L’attore ha partecipato a un incontro privato con i vertici di TikTok americani insieme ad altre celebrità preoccupate, tra cui Debra Messing e Amy Schumer. E non c’entra solo con quello che sta succedendo in medio oriente. “Perché TikTok permette agli utenti di postare commenti su profili di ebrei con scritto ‘Hitler aveva ragione’ o ‘spero che finirai come Anne Frank”? Hanno chiesto. “Perché la frase ‘eradichiamo Israele!’ è conforme alle linee guida?”. I due dirigenti del social, Adam Presser e Seth Melnick, entrambi ebrei americani, dicono che cercheranno di fare qualcosa. Molti li vedono con le mani legate e accusano la proprietà cinese di TikTok, un social che molti stanno cercando di rendere illegale negli Stati Uniti – lo è già in Montana e sui telefoni di tutti i dipendenti federali. Ma anche sui social nazionali le cose non vanno benissimo. Secondo i numeri della Anti Defamation League, su X (ex Twitter) i contenuti antisemiti dal 7 ottobre sono aumentati del 919 percento. Su Facebook del 28. Tutto questo in un mese. E il proprietario di X, Elon Musk, ha commentato un post antisemita e cospirazionista. Sembra un grosso e tetro caso Dreyfus postmoderno e autolesionista che proietta una luce lugubre su tutto quello che è stato fatto negli anni per contenere i messaggi d’odio sulla rete.

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