Un'illustrazione da "20.000 leghe sotto i mari" di Jules Verne (Wikipedia)

prima del Titan

Le esplorazioni sottomarine? Una storia di prove ed esperimenti

Nicola Contarini

"Il progresso degli strumenti per le immersioni è passato attraverso una lunga serie di fallimenti e disastri. Anche la tragedia del Titan servirà", racconta lo scrittore Pietro Spirito, autore di "Storie sotto il mare", un catalogo di inventori e avventurieri subacquei

“Quella del mondo sottomarino è ancora una forma di esplorazione pura”, così la definisce Pietro Spirito, giornalista scrittore e autore per Laterza di Storie sotto il mare. Il libro è uscito da qualche giorno e non può che colpire la coincidenza con la tragedia del sottomarino Titan di queste ore. Spirito ripercorre le vicende di avventurieri, inventori, palombari, militari e spie che hanno portato avanti la storia delle esplorazioni subacquee. “Per esplorazione pura intendo l’avventurarsi in luoghi dove nessun essere umano ha ancora mai messo piede. Se vale per le profondità degli oceani, non vale per il resto del pianeta. Andare sull’Everest ad esempio è ormai una forma di turismo. Estremo, ma pur sempre turismo”. E però sono turisti anche i passeggeri del Titan. “Non c’è dubbio, ma l’immersione subacquea conserva ancora, per lo stato delle tecnologie attuali, una dimensione inesplorata che rende impossibile l’eliminazione di ogni rischio”.

Del Titan, si discute molto la sua natura di prototipo, dell’assenza di certificazioni di sicurezza, che non sono obbligatorie negli Stati Uniti ma che pure esistono. “Ma la storia delle esplorazioni sottomarine è tutta una storia di prototipi, esperimenti, tentativi. Non si sarebbe andati da nessuna parte senza questo atteggiamento inventivo. Non è mia intenzione trasmettere il messaggio sbagliato che sia normale usare strumenti ‘non omologati’, ma so di subacquei che costruiscono e modificano autonomamente la propria attrezzatura. Gli incursori della flottiglia Decima Mas, ai quali dedico un capitolo di Storie sotto il mare, hanno sperimentato molto con i loro equipaggiamenti. Sono tutte operazioni che si compiono a proprio rischio e pericolo, ma in qualche modo necessarie per il progresso, da una parte, e per rispondere a un richiamo inesorabile delle profondità dall’altra”.

A proposito della Decima Mas, bisogna dire che le avventure raccontate nel libro, come quella di Narciso Monturiol - “l’ispiratore di Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne” - sono in qualche modo storie di successi. “Ma avrei potuto scrivere altri dieci libri sugli insuccessi e i disastri. Se oggi un subacqueo può immergersi con le bombole in sicurezza avendo pianificato tutti i passaggi dell’immersione, deve sapere che ogni tappa sulle tabelle di decompressione è stata segnata al prezzo della vita di un precedente esploratore. Non vorrei essere nei panni dei progettisti di imprese analoghe a quella del Titan, chissà come possono sentirsi oggi, ma non è da escludere che avranno qualcosa da imparare anche da questa tragedia”.

Un insegnamento catartico è tratto anche dalla lettura di Storie sotto il mare: un catalogo che va da Monturiol al batiscafo Trieste di Auguste Piccard che nel ’60 toccò il fondo più fondo della Fossa delle Marianne, dalla Decima Mas a Lionel Crabb, l’uomo rana inglese impiegato nello spionaggio anti sovietico. Personaggi e avventure tenuti insieme dall’esperienza di Pietro Spirito, anche lui subacqueo con il Centro studi squali di Massa Marittima. E’ l’incontro nel 2010 con un grande squalo bianco - come quello di Jaws di Steven Spielberg - al largo delle coste del Sudafrica, una femmina soprannominata Pinnamozza per uno sfregio sulla dorsale, che dà il via alla narrazione. Spirito “adotta” la creatura e ottiene di poterla monitorare con il Gps: in tempo di pandemia scopre così che la madama squalo è migrata dagli oceani a sud dell’Equatore per approdare nel Mediterraneo. Un viaggio che scatena l’ossessione dello scrittore di stanza a Trieste, novello Achab, minacciato e insieme affascinato da questa presenza inquietante: “Sta venendo a prendermi?”. L’ossessione fa da catalizzatore per il recupero di queste storie di uomini folli che hanno lanciato la loro sfida alle profondità, una sfida che si perde nella hybris là dove viene meno il rispetto che naturalmente l’uomo deve al mare.