Sam Altman al Senato americano (Win McNamee / Getty Images)

Apocalisse o interessi?

Altman chiede un'agenzia per il pericolo delle IA: la tattica per dissimulare

Pietro Minto

Il fondatore di OpenAI domanda a Washington di regolare il settore dell’intelligenza artificiale perché preoccupato dalle sue conseguenze: i senatori vogliono affidargli la guida della compagnia governativa. Un approccio che lascia molti dubbi

Lo scorso marzo il Congresso statunitense ha interrogato il ceo di TikTok, Shou Zi Chew, sui suoi legami con la Cina e la sicurezza degli utenti occidentali. È un copione ormai rodatissimo: un grande nome del Big Tech vola a Washington dove viene criticato per qualche ora da repubblicani e democratici, che approfittano del momento per guadagnarsi una clip da condividere sui social per dimostrare di essere stati “duri” con i giganti tecnologici. Poco importa che le domande siano a dir poco discutibili: anni fa un senatore chiese a Mark Zuckerberg come Facebook riusciva a fare soldi, se era gratis; poche settimane fa, qualcuno ha domandato a Chew se TikTok fosse in grado di “collegarsi al Wi-Fi di casa”. Martedì scorso il teatrino si è ripetuto con protagonista Sam Altman, capo di OpenAI, la società che ha sviluppato le intelligenze artificiali generative che dominano il dibattito tecnologico e politico da mesi. Le IA sono un affare diverso dai social network: non giocano direttamente con i nostri dati e non sono (ancora) state accusate di influenzare elezioni politiche. Altman ha inoltre giocato d’anticipo una carta che nessun Zuckerberg avrebbe mai usato: “Per piacere, politici, regolate in qualche modo il mio settore”, ha sostanzialmente chiesto l’imprenditore, ammettendo le complessità e i rischi legati allo sviluppo indiscriminato di queste tecnologie. Il capovolgimento di ruoli è avvenuto anche perché Altman sembra auspicare l’intervento del governo nella gestione e regolamentazione delle IA, premiando l’idea di un’agenzia apposita in grado di dare una licenza ai sistemi di IA più potenti arrivando a “toglierla” dai soggetti che non si attengono agli standard di sicurezza. 

 

È da mesi che il capo di OpenAI grida all’apocalisse prossima ventura, che sarebbe causata dalle intelligenze artificiali, le stesse che la sua OpenAI sta sviluppando. È un settore strano, questo: la stessa OpenAI è nata nel 2015 per volere di Altman ed Elon Musk (che nel frattempo ne è uscito) per far fronte alla minaccia percepita di IA potentissime e in grado di sfuggire al controllo umano. Uno scenario fantascientifico a cui i due sono molto affezionati ma che non li impedisce di continuare a spendere miliardi per sviluppare le stesse tecnologie che, a detta loro, potrebbero distruggere il mondo, per poi chiedere al governo di fare qualcosa, per piacere. Difficile capire quanto sincero sia Altman mentre grida al pericolo delle IA e se la sua non sia una sofisticata recita per aumentare le aspettative legate alla sua azienda o per lavarsi le mani anticipatamente in caso di incidente di percorso. Quel che è certo è che l’approccio sembra aver funzionato, tanto da spingere il senatore repubblicano John Kennedy a concludere l’incontro domandandogli di guidare l’agenzia governativa che dovrebbe legiferare sulle IA. Un altro senatore, il democratico Richard Blumenthal, noto per essere tra i più critici nei confronti della Silicon Valley, è sembrato particolarmente vicino ad Altman: “Ne ho parlato con lei privatamente, so quanto le è caro questo argomento”. Alla faccia dello scontro verbale avvenuto nel 2019 tra Zuckerberg e la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, quando la politica attaccò il capo di Meta sui temi della privacy e dello scandalo di Cambridge Analytica.

 

Difficile non notare come i rischi legati alle IA su cui Altman cerca di attirare l’attenzione dei più siano i più estremi e fantascientifici, evitando di dare peso a problemi concreti e attuali, come l’utilizzo di dati personali nello sviluppo delle IA, i pregiudizi razziali e di genere di questi sistemi e la prateria sconfinata di questioni legate a fake news, diritti d’autore e furto d’identità. Forse la tattica di Altman è proprio questa: muoversi per primo parlando di un’emergenza incombente ed enorme, lontana e infondata ma in grado di preoccupare Washington, in modo da creare un’agenzia per le IA che abbia il compito di “salvare il mondo” da chissà quale trama fantascientifica. Nel frattempo, i rischi legati alle IA, molto più semplici e banali, sembrano sfuggire alle attenzioni del Congresso, attualmente troppo impegnato ad adorare Sam Altman.

Di più su questi argomenti: