L'Italia corre il rischio di non avere un 5G efficiente
Il ministro Adolfo Urso assicura che il governo non vuole rendere vani gli sforzi di Draghi e Colao per migliorare la digitalizzazione del paese. E per accorciare il divario con gli altri paesi europei punta "a realizzare una rete che poi sia effettivamente a controllo pubblico e raggiunga tutti i villaggi del nostro paese"
In un forum dove si snocciolavano numeri in chiaroscuro per le Telco nazionali, la strategia migliore era quella di rassicurare tutti. La condotta del ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, si può riassumere così: un intervento per tranquillizzare un settore mostrando, allo stesso tempo, il proprio interesse a risolvere i problemi e i ritardi nazionali sulle infrastrutture tecnologiche.
Il buon esempio di Draghi e Colao
Non può fare altro Urso, anche perché il dibattito sulle scelte che potrebbe intraprendere il governo Meloni in un settore così delicato è tema caldo tra gli addetti ai lavori.
L’obiettivo del ministro è chiaro: mettere fine ai dubbi tra chi aveva manifestato proprio il timore che il nuovo esecutivo rendesse vani gli sforzi di Mario Draghi e del ministro Vittorio Colao sulla digitalizzazione del paese. Non sarà così. Lo ripete più volte con un intervento che non parla solo ai presenti, ma a un’amplia platea di investitori e consumatori che attendono di capire le prossime mosse per le Tlc. Il ruolo del dicastero è il punto focale della politica del ministro, che ci tiene a sottolineare di rappresentare “un governo politico, di legislatura, che esce - a differenza degli altri che si sono succeduti in questo decennio - sulla base di un mandato popolare”.
Rete unica? Rete a controllo pubblico
La campagna elettorale è finita, ma bisogna continuare a dare certezze a tutti. Elettori e grandi imprenditori in primis. Per farlo si va oltre anche alle note di partito, come quelle inviate da Fratelli d’Italia che, lo scorso agosto, avevano creato più dubbi che certezze sulla posizione da tenere sulla rete unica. Urso per farlo ha deciso di partire da lontano, dai ritardi trentennali che hanno caratterizzato il nostro paese, per dire che uno dei suoi obiettivi principali rimane “la realizzazione della rete che dobbiamo garantire sia nelle zone bianche sia nelle zone grigie”.
“Non sarà una rete unica?”, ha chiesto a se stesso. “Forse non lo può essere più in qualche caso, ma dobbiamo garantire che nessuno dei nostri cittadini resti indietro”, ha risposto.
Insomma, se non sarà rete unica ovunque, di sicuro sarà a controllo pubblico. Almeno così si è ulteriormente esposto nel rispondere a una domanda alla possibilità di un’Opa su Tim: “La strategia nostra è quella di realizzare una rete che poi sia effettivamente a controllo pubblico e raggiunga tutti i villaggi del nostro paese.” Coprire un’intera nazione però non è immediato come le intenzioni della politica. Per conoscere come finirà, visto che “gli strumenti per farlo dovremo deciderli all'interno del governo”, bisognerà attendere le ricognizioni che Urso ha promesso di fare assieme agli alleati. Con la speranza che sia chiaro a tutti che non è per niente facile raggiungere ogni italiano con una connessione a 1 Giga.
Se la rete fissa piange, la rete mobile non ride
Problema che conoscono bene anche le reti mobili. Nella sessione del Forum con gli ad dei principali operatori sul palco, il ceo di WindTre, Gianluca Corti, ha evidenziato senza giri di parole i rischi che cittadini e imprese potranno incontrare a breve: “Con questi limiti il 5G vero in Italia non sarà mai disponibile”. Anche in questo caso le potenzialità tanto agognate della rete 5G sembrano essere ben lontane se non ci saranno interventi normativi: “L’adeguamento dei limiti elettromagnetici ai livelli in uso negli altri paesi europei è indispensabile”, spiega Conti, “per la realizzazione delle reti 5G. Con le regole attuali non è possibile adeguare l’8 per cento degli impianti attuali e nella metà degli altri impianti possiamo realizzare solo installazioni a potenza ridotta”.
Cosa fare? Giorgia Meloni può già prendere appunti, gli impegni per sostenere il settore non mancano.
Le urgenze da risolvere sul tavolo di Giorgia Meloni
Il richiamo alla politica del presidente di Asstel, Massimo Sarmi, infatti, è tanto dettagliato quanto urgente: “Per sostenere e favorire lo sviluppo di un settore strategico come quello delle telecomunicazioni, serve una politica industriale dedicata, portando avanti alcune misure già avviate in ambito europeo e integrandone ulteriori, quali ad esempio: l’introduzione di misure strutturali di mitigazione del costo dell’energia, l’Iva ridotta per i servizi digitali, l’adeguamento dei limiti elettromagnetici, la semplificazione amministrativa, l’assegnazione della banda alta 6 GHz e prevedere una partecipazione delle Big Tech agli investimenti necessari, laddove si trattasse di dover effettuare investimenti aggiuntivi a fronte di specifici incrementi di traffico”. Cinque anni sono lunghi ma con una simile matassa da sciogliere potrebbero essere non sufficienti neanche per il governo più coeso del mondo.
Limiti e concorrenza