(foto LaPresse)

Buoni esperimenti dei social network

Redazione

Twitter ci mette in guardia dalla viralità ignorante, Facebook assume giornalisti

E’ capitato a tutti: vedi su Twitter un articolo con un titolo avvincente, che rispecchia esattamente quello che stai pensando sul tema caldo della giornata (le elezioni, il populismo, la rimozione delle statue) e lo ritwitti senza pensarci, e senza nemmeno leggerlo. Non sei l’unico: secondo uno studio del 2016 delle Columbia University e di Microsoft il 59 per cento dei link postati su Twitter non viene mai cliccato. Oppure su Facebook: leggi il titolo di un articolo sulle ultime dichiarazioni di Salvini, di Zingaretti o del Papa e subito scrivi un commento indignato o adorante, senza aver prima letto l’articolo per intero. Anche questa pratica è assai diffusa, benché non ci siano dati certi. 

 

 

Twitter vuole cercare di porre fine alla viralità ignorante, e mercoledì ha annunciato una nuova funzione, per ora attiva soltanto sulla app Android: quando un utente cerca di ritwittare un articolo senza prima averlo letto (Twitter sa chi clicca sull’articolo e chi no, non si può barare) potrebbe apparire un messaggio che chiede se forse non sarebbe meglio aprirlo, il link, prima di diffonderlo a parenti e conoscenti. L’iniziativa di Twitter sembra terribilmente paternalista, e un po’ lo è, ma si inserisce nel contesto di una revisione generale delle pratiche del social network per rendere più civile la conversazione online – il cambiamento più importante, ovviamente, riguarda la decisione di non escludere Donald Trump dal fact checking dei tweet. Twitter si muove in modo molto interessante nel tentativo di cambiare il mondo disfunzionale dei social media. Nel frattempo Facebook, che di sfiorare Trump non ne vuole sapere, fa esperimenti su altri fronti: negli Stati Uniti ha assunto giornalisti per attivare una sezione di news sul social network. Gli ultimi giornalisti che hanno lavorato a Facebook furono licenziati perché accusati di essere troppo di sinistra. Furono sostituiti con gli algoritmi, che però cominciarono a diffondere teorie del complotto. Ora Facebook ci riprova. I social esistono da oltre un decennio e hanno un ruolo essenziale per la società e la democrazia, ma la strada per la responsabilità è ancora lunga.

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