La minaccia della monnezza spaziale

Maurizio Stefanini

Un censimento del Cnr spiega quanti rifiuti abbiamo inviato in orbita. Per ora non danno troppi problemi. L'incognita per il futuro sono i piccoli satelliti lanciati a grappoli

“Dal 4 ottobre del 1957 al 17 luglio del 2019 l’uomo ha scaricato in orbita una intera Torre Eiffel”. Si parla tanto dell’immondizia spaziale, ma proprio in occasione delle celebrazioni dei cinquant'anni dallo sbarco sulla Luna un censimento preciso di quello che rappresenta ci arriva dal Cnr. “Le 7300 tonnellate di detriti spaziali oggi esistenti equivalgono appunto al peso della Torre Eiffel, e a meno di metà delle 15.000 tonnellate della Torre di Pisa” ci spiega appunto Luciano Anselmo: un ricercatore dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Informazione che al tema nel 1999 aveva dedicato un libro. Ma vent’anni dopo ha aggiornato i dati in occasione di un incontro per il XVI workshop annuale della rivista di geopolitica e economia internazionale Il Nodo di Gordio, e di cui per gentile concessione al Foglio utilizziamo le relative slide.

Nel periodo considerato, infatti, 5481  lanci hanno proiettato nello Spazio 44.912 oggetti, di cui 24.679 sono però poi rientrati sulla Terra: 17.356 detriti, 3889 stadi e 3434 satelliti. Tra i 20.233 oggetti con orbita nota che ancora ruotano sulle nostre teste ci sono 5248 satelliti, dei quali meno di 2250 ancora operativi. E poi 2194 stadi, 12.309 detriti catalogati e 482 oggetti da identificare. La media di dimensione di questi oggetti è attorno ai 10 centimetri.

Dopo il primo lancio del 1957, gli anni con il maggior numero di lanci sono stati il 1967, il 1976 e il 1983. C’è stato poi un calo che ha raggiunto il minimo nel 2005, dopo di che c’è stata una risalita quasi continua.

La crescita del numero complessivo degli oggetti in orbita è stata comunque costante. Un forte aumento si ha ovviamente dopo l’11 gennaio del 2007, quando la Cina per testare un missile anti-satellite manda in pezzi un satellite meteorologico. Un altro aumento si è avuto dopo il 10 febbraio 2009, quando per la prima volta nella Storia due satelliti sono andati a sbattere l’uno contro l’altro: il russo Kosmos 2251 e lo statunitense Iridium 33, 789 chilometri al di sopra della penisola del Tajmyr, in Russia.

La massa dei satelliti ha oscillato da meno di un chilo a oltre 420.000. La media è stata attorno ai 900

Nel caso degli stadi superiori dei lanciatori la massa ha invece variato dai 30 ai 9000 kg, per una media da 1440.

Oltre il 71 per cento degli oggetti catalogati stanno sotto i 2000 km di altezza, nell’orbita terrestre bassa. Solo il 4 per cento stanno in quell’orbita geostazionaria che va alla stessa velocità della Terra e che quindi permette all’oggetto in questione di rimanere come fermo, rispetto al punto di vista terrestre.

I satelliti per la navigazione stanno però in Orbita Media, cioè tra i 2000 km delle fasce di van Allen e i 35.786 dell’orbita geostazionaria.

I 2062 satelliti operativi al 31 marzo 2019 erano come provenienza 901 statunitensi, 320 europei, 299 cinesi, 153 russi e 389 di altri paesi. 1338 stavano nell’orbita bassa (Leo); 125 in orbita media (Meo); 45 in quella orbita altamente ellittica (Heo) con perigeo alla bassa quota sotto i 1000 km e apogeo a quota molto elevata anche oltre i 35.000, utili per garantire i servizi satellitari a quelle regioni prossime cioè ai poli che sarebbero coperte con difficoltà da un satellite posto su un'orbita geostazionaria; 554 appunto in orbita geostazionaria (Geo).  

Dal 4 ottobre 1957 al 17 luglio 2019 in media è rientrato nell’atmosfera un satellite o stadio ogni tre giorni, per circa 100 tonnellate all’anno. In gran parte in mare o in aree deserte: i ritrovamenti documentati sono il 3 per cento. 

Come ci spiega Luciano Anselmo, “Il problema è stato evidenziato alla fine degli anni ’70 e ha cominciato a essere affrontato concretamente dagli anni ’80. La situazione è ancora gestibile senza troppi problemi, con le tecnologie e le risorse attuali, anche perché c’è un elevato grado di consapevolezza e collaborazione tra gli stati, le organizzazioni internazionali, e gli operatori dei satelliti, sia civili che militari. A partire dalla seconda metà degli anni ’90 ci sono stati anche buoni progressi in ambito IADC, ONU, ISO. Le misure di mitigazione, supportate dalla modellistica, funzionano, e i costi di implementazione sono tollerabili, ma siamo ancora lontani da quella percentuale di applicazione di almeno il 90 per cento, che rimane l’obiettivo principale”.

 

Ma togliere i detriti e gli oggetti vecchi abbandonati in orbita? “La rimozione attiva è tecnicamente fattibile, anche se ancora da perfezionare, ma il rapporto costi/benefici resta discutibile. La grossa incognita, nei prossimi decenni, è rappresentata dall’introduzione di sistemi e tecnologie in grado di alterare drasticamente gli scenari ipotizzati finora. Ciò riguarda, in particolare, le megacostellazioni di migliaia di piccoli satelliti, costruiti in serie e lanciati a grappoli. Affinché le misure di mitigazione già raccomandate rimangano efficaci, sarà necessario un tasso di successo nella loro implementazione superiore al 99 per cento, e oggi questo traguardo sembra troppo ambizioso”.

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