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L'Ue non bandisce Huawei dal 5G, ma non cede e dice: restiamo uniti

Eugenio Cau

La Commissione europea ha approvato le sue raccomandazioni per lo sviluppo della rete di quinta generazione. Non accoglie le proposte americane ma attiva meccanismi di sicurezza unitari

Milano. Gli Stati Uniti avrebbero voluto che l’Unione europea raccomandasse ai paesi membri di bandire o evitare i fornitori cinesi (leggi: Huawei) nelle aste per la costruzione delle infrastrutture strategiche del 5G. La richiesta era irricevibile. Anche se gran parte delle agenzie d’intelligence europee condivide i timori americani sull’opportunità di consentire a un campione tecnologico cinese di avere un ruolo dominante in una tecnologia importante come il 5G – che entro i prossimi dieci anni sarà la chiave per i settori dei trasporti, delle banche, della salute, dell’energia, dei sistemi di controllo industriale e perfino dei sistemi di voto democratico –, ma senza una pistola fumante che certifichi la non affidabilità di Huawei era impossibile per la Commissione europea contravvenire alle richieste degli stati membri e dei grandi operatori telefonici, che vedono in Huawei un partner economicamente conveniente e tecnologicamente avanzato. Entro il 2020, tutti i maggiori paesi europei avranno concluso le aste per le frequenze del 5G, e sarebbe stato impossibile organizzare una esclusione totale dell’azienda cinese.

    

    

Così, dopo aver definito la Cina come un “rivale sistemico” nell’ultima revisione della strategia Ue, oggi la Commissione ha pubblicato le sue raccomandazioni sullo sviluppo della rete 5G in Europa, che contengono quello che forse è il messaggio più importante davanti alle azioni predatorie di potenze come quella guidata dal Partito comunista cinese: restiamo uniti.

     

        

Le raccomandazioni sono state presentate martedì in conferenza stampa dal vicepresidente della Commissione Andrus Ansip e prevedono un’agenda serrata e protocolli unitari per assicurarsi che lo sviluppo del 5G sia fatto usando un approccio “risk-based”, che significa: valutare per bene i pericoli e fare in modo di prevenirli. La Commissione chiede ai singoli stati di fare una valutazione dei rischi a livello nazionale entro il 30 giugno 2019. Questa valutazione deve riguardare tanto gli aspetti tecnici quanto i “rischi collegati al comportamento di fornitori o operatori, compresi quelli provenienti da paesi terzi” (leggi: Huawei).

     

Successivamente, gli stati membri dovranno coordinarsi a livello europeo per produrre, entro il 1° ottobre, una valutazione dei rischi a livello europeo e concordare quali misure applicare per fare in modo che lo sviluppo del 5G avvenga senza rischi entro il 31 dicembre. Nel frattempo, sarà entrata in vigore la direttiva sulla Cybersecurity recentemente approvata, che dovrebbe garantire uno strato di sicurezza in più. Detto questo, i documenti della commissione ribadiscono più e più volte che gli stati membri hanno pieno diritto a bandire un fornitore che costituisca un potenziale pericolo (leggi: Huawei).

     

Gli esperti sono molto divisi su come i rischi (che sono molteplici, dalle backdoor agli hackeraggi) dentro un sistema di eccezionale complessità come quello del 5G possano essere attenuati. Probabilmente sarà un processo di lunga durata, che avrà mille difetti e mille scivoloni, e che vedrà i paesi europei strattonati nel confronto tra le superpotenze. Per questo la vera raccomandazione è una sola: restiamo uniti.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.