Un taxi Comfort Delgro con annunci pubblicitari su Uber attraversa la strada a Singapore (foto LaPresse)

Ecco chi vuole spegnere l'auto che si guida da sola

Eugenio Cau

Cosa succede a Uber e alla tecnologia di guida autonoma dopo l'incidente di Tempa e il blocco in Arizona

Roma. Otto giorni dopo l’incidente in cui un’automobile di Uber che si guida da sola ha ucciso una donna di 49 anni a Tempe, il governatore dello stato dell’Arizona, Doug Ducey, ha bloccato la sperimentazione della tecnologia di guida autonoma di Uber in tutto lo stato. Ducey ha scritto una lettera al ceo di Uber, Dara Khosrowshahi, in cui ha detto di essere rimasto turbato dopo aver visto il video dell’incidente, in cui la vittima passa davanti all’auto senza che il sistema di guida automatica la veda o tenti di frenare. “L’Arizona deve agire adesso”, ha scritto Ducey, accusando Uber di aver mancato l’obbligo di mettere la sicurezza al primo posto. Uber in realtà aveva già bloccato tutte le sperimentazioni, non soltanto in Arizona ma anche a San Francisco, Toronto e Pittsburgh, ma il messaggio del governatore – durissimo proprio perché inutile, le macchine di Uber sono già tutte nei garage, ma Ducey ha voluto ribadire: lasciatele lì, noi non le vogliamo nelle nostre strade – è un colpo terribile per Uber e, più in generale, per la sperimentazione dell’automobile che si guida da sola.

   

   

A Tempe, la polizia locale insieme con il National Transportation Safety Board e la National Highway Traffic Safety Administration, stanno investigando sull’incidente. Fino a ieri le indagini erano ancora in corso e le autorità non avevano attribuito la colpa della morte della vittima né alla vettura né al pilota di sicurezza che si trovava sopra alla macchina di Uber né all’avventatezza della vittima stessa. Ma dopo la pubblicazione del video di sicurezza dell’automobile il governatore Ducey ha pensato che fosse sufficiente a incolpare Uber. Hanno contribuito a quest’idea un reportage del New York Times di sabato scorso in cui si rivelava che Uber aveva dei problemi sia con la tecnologia sia con la disciplina dei piloti di sicurezza, e soprattutto John Krafcik, ceo di Waymo, società di Google che con Uber ha aperto una guerra durissima fatta di concorrenza su strada e di contenziosi legali per furto di tecnologia. Parlando a Las Vegas a un evento di rivenditori di automobili, Krafcik ha detto, maligno: “Siamo sicuri che la nostra tecnologia sarebbe riuscita a gestire situazioni come quella” – in pratica: noi non avremmo ammazzato il pedone.

  

Google si gode il momento di disgrazia del rivale, ma la prima vittima di un’automobile che si guida da sola è una cattiva notizia anche per Mountain View. I cittadini, e soprattutto i legislatori, iniziano a vedere con sospetto crescente la tecnologia di guida autonoma, e in questi giorni i giornali americani si sono riempiti di articoli preoccupati che si chiedevano: ma davvero la tecnologia è sicura? La risposta è: sì, e basta pensare ai numeri degli incidenti per capirlo. In questi anni di sperimentazioni su strade pubbliche le macchine a guida automatica hanno percorso milioni di chilometri e finora soltanto l’incidente di Tempe è attribuibile alla tecnologia.

 

La percezione, ovviamente, è un’altra cosa, e se già prima dell’incidente il 63 per cento degli americani diceva che avrebbe avuto paura a trovarsi in un’auto che si guida da sola (sondaggio di gennaio della American Automobile Association), è plausibile che questo numero, dopo anni in cui è stato in calo, sia destinato a salire di nuovo.

 

Poi ci sono i legislatori. Del governatore Ducey sappiamo. Anche il sindaco di Tempe, Mark Mitchell, ha detto che per ora non vuole più sperimentazioni. A Boston Gina Fiandaca, responsabile dei trasporti della città, ha imposto a due startup che stavano testando tecnologie di guida autonoma di fermare le sperimentazioni (le due startup sono NuTonomy e Optimus Ride). Sono casi importanti perché negli ultimi anni avviare una sperimentazione di guida autonoma era stata una strategia vincente per le amministrazioni locali negli Stati Uniti: le città, le contee e gli stati facevano a gara a deregolamentare il più possibile per attrarre giganti come Google e Uber, portatori di posti di lavoro, consumi e lucrosi affari. L’Arizona, in questo senso, ha una delle legislazioni più permissive (consente alle auto di circolare anche senza un pilota di sicurezza a bordo) e proprio per questo aveva iniziato a imporsi come un hub tecnologico importante. Il fatto che il governatore Ducey abbia deciso di invertire questo processo è indice della preoccupazione che sta nascendo intorno alla tecnologia. Per ovviare al problema, alcune case automobilistiche, come per esempio Toyota, hanno interrotto le loro sperimentazioni anche senza essere state coinvolte in nessuna controversia. Altre, come Waymo, continuano a circolare. Ma il clima è peggiorato, le macchine che si guidano da sole sono viste con sospetto, molti le vorrebbero rimettere nei garage.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.