Google self-driving car (foto di Becky Stern via Flickr)

Come si assicura una macchina che si guida da sola? Strategie e un po' di nudge

Eugenio Cau

"Il punto è: quando entri su quell’auto, di cosa sei preoccupato?". Intervista a Marco Sesana, ad di Generali Italia

Milano. Dice che le macchine che si guidano da sole, per quanto oggi si schiantino ancora piuttosto di frequente, in un futuro non troppo lontano ridurranno gli incidenti. Le percentuali saranno altissime, sostengono gli esperti: quando tutte le automobili saranno interconnesse e comunicheranno l’una con l’altra la posizione progressiva della vecchietta che attraversa la strada, allora gli incidenti saranno ridotti a zero. Con una facile battuta, si potrebbe dire che questo scenario sarebbe ideale per chiunque tranne che per una categoria: gli assicuratori. Quando presentiamo questa possibilità a Marco Sesana, l’amministratore delegato di Generali Italia stringe un attimo le labbra. “Un celebre bias dell’intelligenza umana è quello di sovrastimare il cambiamento che si prevede avverrà sul breve termine e sottostimare quello che avverrà sul lungo termine”, dice al Foglio. “Tutti pensano che l’auto che si guida da sola sarà disponibile nel giro di poco tempo, e nessuno si concentra sul quadro complessivo del cambiamento a lungo termine. Noi siamo convinti che rimarremo rilevanti perché ci focalizzeremo non più sul veicolo individuale ma sulla mobilità, che sarà formata da una molteplicità di veicoli e possibilità di spostamento. Il punto non è l’auto che si guida da sola. Il punto è: quando entri su quell’auto, di cosa sei preoccupato? E’ lì che noi interveniamo”.

 

Sesana ha appena finito di presentare il nuovo progetto per lo sviluppo tecnologico di Generali Italia, culmine di un percorso da tre anni e 300 milioni di euro, che con sensori (scatole nere intelligenti da montare in macchina, strumenti di domotica per la sicurezza in casa, colonnine sanitarie installate nelle aziende), intelligenza artificiale e data science vorrebbe trasformare le assicurazioni da industria del risarcimento a industria delle prevenzione: “Evitare un danno è molto meglio che risarcire un danno”, dice. La filosofia non riguarda soltanto il controllo e la protezione, come può essere installare sistemi di rilevazione di fumo, violazione e allagamento nelle case assicurate. L’intenzione è quella di intervenire in maniera proattiva sui comportamenti a rischio. La scatola nera che Generali installa sul 90 per cento delle nuove macchine assicurate avverte il conducente, attraverso segnali luminosi in stile semaforo, se il suo modo di guida è corretto o troppo aggressivo: la prevenzione si trasforma nel proverbiale “nudge” delle scienze comportamentali. “Aiutiamo i clienti ad avere uno stile di guida migliore”, dice Sesana. “L’obiettivo è quello di allineare gli interessi delle persone, della comunità e dell’assicurazione”.

  

E in effetti il passaggio verso un’“industria delle scienze comportamentali” sembra quasi naturale per il settore assicurativo. Considerando l’andamento della tecnologia, è facile immaginare che tra dieci o vent’anni, quando andremo in filiale per stipulare una polizza sulla vita, l’assicuratore aprirà un file personale sterminato e compilato automaticamente, che conterrà il livello del colesterolo negli ultimi vent’anni, la qualità del sonno, le volte a settimana che andiamo al bar a prendere una birra. Sesana blocca subito queste cavalcate in avanti, complice il bias cognitivo di cui sopra. “Anzitutto, noi il lavoro di personalizzazione attraverso i dati lo facciamo da decenni attraverso gli attuari, che sono i data scientist di un tempo: guardano i dati di rischio e personalizzano le polizze. Poi è chiaro che nel futuro non solo la disponibilità dei dati ma la creazione di dati potrà essere molto più articolata di quella di oggi. Aggiorniamo continuamente le nostre competenze, ma sempre da un’ottica di responsabilità: i dati del cliente restano del cliente. Al contrario di altri player noi non vendiamo o cediamo le informazioni dei nostri clienti”.

   

Insomma, il passaggio alla società del dato è un trend epocale a cui nessun settore può sottrarsi. “Siamo soltanto all’inizio”, dice Sesana.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.