Uber vince una battaglia a Londra, ma per Boris Johnson la prova dell'innovazione è appena iniziata

Eugenio Cau
L'Alta corte di giustizia ha sentenziato che il servizio non si serve di un tassametro come inteso dai black cab. non è la fine della guerra nella capitale inglese.

Uber, la società che fornisce un servizio di trasporto con autista privato attraverso app, ha vinto la sua prima battaglia a Londra, dove venerdì mattina l’Alta corte di giustizia di Londra ha decretato la legalità del servizio, dando ragione alla compagnia americana in una causa intentata dall’autorità per i trasporti pubblici londinese, la Tfl (Transport for London). La Tfl aveva cercato di rendere illegale il servizio offerto da Uber accusandolo di utilizzare la sua app come un tassametro. L’uso del tassametro è un privilegio che la legge locale concede esclusivamente agli autisti di taxi tradizionali, i black cab, che fanno un lungo addestramento per imparare a districarsi tra le strade di Londra.

 

L’Alta corte di Londra ha però deciso che il servizio di Uber non si serve di un tassametro come inteso dai black cab. La app di Uber, che si serve del servizio gps, serve a calcolare i costi della corsa a pagamento, come un tassametro, ma anche a calcolare il tragitto e i tempi di percorrenza delle auto, e dunque non è uno strumento esclusivo come quello usato sui black cab. Se la corte avesse emesso una sentenza contro Uber, la compagnia avrebbe dovuto ripensare radicalmente il suo servizio di prenotazione delle automobili con autista attraverso gli smartphone, cioè la sua stessa ragione di esistenza. Uber ha accolto con esultanza la sentenza, mentre la Tfl ha emesso un comunicato contraddittorio, in cui spiega di non aver mai creduto che gli smartphone potessero essere considerati dei tassametri, ma di aver indetto la causa per stabilire la certezza legale.

 

La sentenza dell’Alta corte è una vittoria per Uber, ma non è la fine della guerra a Londra. La vera minaccia per la compagnia è una serie di proposte sulla regolamentazione del trasporto su strada emesse dalla Tfl e uscite sui media la settimana scorsa, nei quali l’autorità per i trasporti londinesi chiede al governo della città di attuare una serie di misure che nei fatti renderebbe quasi impossibile a Uber operare in città. Tra queste, un’attesa di cinque minuti tra la prenotazione di un’auto e la sua partenza, e il bando ai sistemi che individuano i percorsi delle auto su delle mappe – in pratica, un bando alla app di Uber.

 

Centotrentamila persone hanno firmato una petizione negli ultimi giorni per bloccare le proposte della Tfl, e anche Uber, in un comunicato di reazione alla sentenza di oggi, ha ricordato la minaccia incombente: “Ora che l’Alta corte ha emesso una sentenza in favore delle nuove tecnologie, speriamo che Transport for London ripensi alle sue proposte burocratiche sulle app come Uber”, ha detto Jo Bertram, general manager della compagnia per le isole britanniche. Ma il sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson, che pure ha manifestato in tempi recenti posizioni di simpatia nei confronti di Uber, sembra aver ceduto alle pressioni dei tassisti e della Tfl, e negli ultimi giorni ha detto che la compagnia “infrange sistematicamente la legge”.

 

[**Video_box_2**]In un editoriale uscito oggi sulla sua versione europea, il Wall Street Journal ha scritto che per Londra si avvicina il momento dell’“Uber Test”. Con questa definizione il Journal non si riferisce esclusivamente alla regolamentazione della compagnia, ma alla capacità più ampia di una città e di uno stato di reagire positivamente alle nuove tecnologie. Uber è un simbolo di come le città sono in grado di accogliere e integrare le innovazioni, e finora, vista la marea di cause e procedimenti giudiziari che la società deve affrontare, l’Europa non sta passando l’“Uber Test”. In molti avevano pensato che Londra fosse diversa: finora Johnson aveva resistito alle richieste delle lobby contro Uber. Anche questa settimana, in visita a Tokyo, il sindaco ha detto che “il dentifricio è uscito dal tubetto”, per dire che davanti alle sfide della tecnologia non c’è modo di tornare indietro. Ma la sua accondiscendenza nei confronti della Tfl, scrive il Journal, fa temere che anche Londra fallirà l’“Uber Test”.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.