A che ora è l'apocalisse della pubblicità online?

Eugenio Cau
Se usi un un programma per bloccare la pubblicità non puoi leggere il Washington Post. Come funziona il dibattito sugli ad blocker, e perché definirà il futuro delle pubblicazioni su internet

Accendi il computer per leggere i giornali del mattino ed è un piacere, perché hai appena installato uno di quei programmini per ripulire le pagine internet dalla pubblicità fastidiosa che lampeggia su tutti i siti. Il più popolare si chiama AdBlock Plus, in America è usato dal 28 per cento degli utenti internet, ed è efficacissimo: niente più banner che lampeggiano, niente più pop-up che sbucano da tutte le parti, niente più pagine da cliccare per arrivare al contenuto desiderato. Usando un ad blocker non solo ci si evita una marea di pubblicità indesiderata, ma si naviga anche più veloce, visto che il browser deve caricare molti meno dati. E’ una pacchia, insomma, usare internet con questo programmino. Accendi il computer, dicevamo, e apri il sito del Washington Post, mondato dall’orribile pubblicità. Clicchi sul primo articolo, ma al posto della notizia appare un avviso: “Stai usando un ad blocker. Non bloccare il nostro giornalismo di qualità. Abbonati oggi!”. In altri casi appare una finestra in cui si può leggere: “Ci impegniamo a usare pubblicità sicura e a rispettare la tua privacy. Per continuare a leggere, per favore disabilita il tuo ad blocker”.

 

Se usi un ad blocker non puoi leggere il Washington Post, e questa non è una terribile ingiustizia dei plutocrati dell’informazione. Perché dietro alle meraviglie della pubblicità bloccata sui siti c’è un rischio esistenziale per i siti stessi, che vivono di pubblicità. E senza la pubblicità i siti muoiono. La mossa del Washington Post (estrema, ma c’era da aspettarselo dal giornale posseduto dal patron di Amazon Jeff Bezos) riapre il dibattito sugli ad blocker, che è di quelli che definiscono il futuro delle pubblicazioni su internet, e sta diventando sempre più urgente.

 

Gli inserzionisti ormai si sono accorti da tempo che pagano per delle pubblicità che in buona parte non sono viste da nessuno, e gli editori sono alla ricerca disperata di alternative al “display advertising”. Eyeo, la compagnia che sta dietro ad AdBlock Plus, sghignazza e dice di rendere un servizio agli utenti, ma offre ai siti la possibilità di pagare per sbloccare le loro pubblicità, e per molti questa è una forma di ricatto. Inoltre si prepara a far sbarcare il suo servizio di blocco della pubblicità anche sul mobile, dove finora il “display advertising” resisteva, e questo significa nuovi dolori per i siti internet. Ma la vera apocalisse della pubblicità online sta per arrivare a causa di Apple.

 

La casa di Cupertino ha appena annunciato la diffusione commerciale del suo nuovo sistema operativo mobile, iOS 9, insieme all’ultimo modello di iPhone, il 6S. Quando iOS 9 è stato presentato, qualche mese fa, i gestori di tutti i siti internet del mondo reagirono con orrore alla notizia che una delle novità principali del nuovo sistema era proprio l’ad blocking. Con i prossimi aggiornamenti gli utenti potranno bloccare il “display advertising”, e tutti temono crolli dei ricavi pubblicitari. La scelta di Apple è dettata da una ragione pratica, perché i siti mobile senza pubblicità si caricano molto più velocemente (sono quasi quattro volte più veloci, dice uno studio fatto con un altro tipo di ad blocker), ed è dettata inoltre da una ragione di concorrenza, perché Google è il re delle pubblicità online, business nel quale invece Apple non ha quasi nessun interesse.

 

[**Video_box_2**]Ma presi in mezzo a questa guerra, mentre gli utenti si godono le loro pagine veloci e pulite, gli editori si chiedono disperatamente che fare. Qualcuno, in Germania, ha provato a denunciare Eyeo, ma in aprile il tribunale di Amburgo ha rigettato il ricorso. C’è chi propone di eliminare la pubblicità in cambio di piccoli abbonamenti, e chi si butta sul native advertising, la pubblicità mascherata da articolo che in teoria non può essere bloccata, fino a che qualcuno non scoprirà come fare.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.