Nadia Toffa

Che cosa succede se il popolo del web si pappa pure i giornalisti?

Marianna Rizzini
Il modello Franzen, e quello della Iena Toffa. Nel talk show “Open Space”, dà al cosiddetto “popolo del web” non soltanto la parola ma pure lo scettro: sono gli internauti che decidono chi intervistare e come (scelgono loro le facce e le domande).

Roma. C’è la riflessione dello scrittore Jonathan Franzen che da New York, racconta Paolo Mastrolilli sulla Stampa di ieri, riflette sulla quasi-morte del giornalismo, inghiottito dalla Rete come dal grande nulla, e c’è il nuovo programma di Nadia Toffa, storica “Iena” tra le Iene, che su ItaliaUno, dall’11 ottobre, nel talk show “Open Space”, dà al cosiddetto “popolo del web” non soltanto la parola ma pure lo scettro: sono gli internauti che decidono chi intervistare e come (scelgono loro le facce e le domande). E’ al centro dell’ultimo romanzo di Franzen, “Purity”, il tema del giornalismo di professione che viene superato, nel gradimento dei lettori (specie sul web), da quello spontaneistico e non analitico del cittadino qualunque armato di smartphone, del blogger e ancora di più del “leaker” alla Julian Assange, divulgatore di segreti di potenze e potenti presi e messi online così come sono, in ossequio a un mito di trasparenza assoluta (la rielaborazione, la contestualizzazione e il distacco critico del testimone, figura chiave nel vecchio giornalismo da scuola delle scarpe consumate, sono agli ultimi posti nella scala dei valori). Ma lo scrittore americano va oltre: dice che il vecchio giornalismo è fondamentale, che una democrazia “non può permettersi di perderlo”, e che proprio per questo bisogna salvarlo anche a costo di trovare soluzioni di emergenza, per esempio una o più fondazioni che facciano da temporaneo “mecenate” per i cronisti a rischio-disoccupazione, pagati poco e non pagati per i “clic” altrui: trovano i fatti, ma poi il loro pezzo viene “linkato, twittato, copiato… senza che chi ha scoperto i fatti venga adeguatamente compensato… così si alimenta solo il rumore, e vince chi grida più forte”.

 

Dice Franzen di avere “seri problemi con chi sostiene che i giornalisti non ci servono più, perché tanto abbiamo i leakers, i citizens journalist, il crowd sourcing o i blogger. E’ un cammino che porta a una cittadinanza disinformata, oppressa e uniformata, perché non c’è nessuno che cerca responsabilmente di riportare cosa succede. Solo opinioni personali, spesso opposte e violente, non digerite. Chi urla più forte ha ragione… ”. Vallo a dire a Beppe Grillo, nemico dei giornali sovvenzionati (quindi si immagina nemico anche del modello immaginato da Franzen) e fan dell’informazione dal basso, in ossequio al mantra per cui qualsiasi cittadino armato di telecamera è un potenziale giornalista, come qualsiasi cittadino armato di computer è un potenziale candidato parlamentare in Rete. E dunque si immagina l’obiezione casaleggiana a Franzen: la Rete è l’unico terreno di futura, vera democrazia, ché sulla Rete tutto va in scena senza filtri, e la disapprovazione epidermica colpisce i non-probi e non-giusti.

 

[**Video_box_2**]Se Franzen immagina un limbo in cui, in modo “imperfetto”, si sostiene il giornalismo di qualità (in attesa di trovare “un nuovo modello”, dice, le grandi fondazioni “dovrebbero accollarsi l’onere di fare da ponte”, compensando gli eventuali condizionamenti ideologici con l’alleanza, per uno stesso giornale, di fondazioni di provenienza culturale diversa), la Iena Toffa sembra voler sperimentare ora una soluzione-ponte opposta, cioè quella che prova a dribblare la crisi del talk-show relegando volontariamente in un angolo la discrezionalità giornalistica sul core-business del giornalismo: l’intervistato e le domande. E così, in attesa della prima puntata, sul sito www.openspace.it, Toffa risponde agli interrogativi del “popolo del web”, dando il via alla corsa verso la nuova frontiera del televoto: il voto preventivo via computer. “Clicca sul personaggio e fai la tua domanda. Noi lo intervistiamo per te”, è l’invito. Ma si può anche proporlo, il personaggio. Intanto, compaiono facce e temi di approfondimento: c’è Silvio Berlusconi che “compie 79 anni: regalo, una serie tv su di lui”. Ci sono i Pooh dell’“addio ai fan”. C’è Ignazio Marino “imbucato” presunto dal Papa in America. C’è Vincenzo De Luca in guerra con Rai3. C’è Ilona Staller che ci riprova in Parlamento. Quirinarie per scherzo? Non proprio (dall’elenco spunta anche il presidente Sergio Mattarella).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.