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Il Foglio sportivo

Viaggio nell'anno (e nei conti) d'oro del tennis italiano

Giorgia Mecca

Il presidente della Federazione italiana tennis e padel Angelo Binaghi al Foglio: "Sinner non è un miracolo. Puntiamo ai 200 milioni di incassi e al milione di tesserati"

Location, location, location. Nel linguaggio immobiliare è il primo comandamento, la posizione. Ciò che si vede da dentro, ciò che gli altri vedono da fuori. Ed è certamente un messaggio forte e chiaro quello che vuole lanciare la Federazione Italiana Tennis e Padel, che dall’Olimpico si sta trasferendo, per motivi di spazio e di lustro, in via della Camilluccia, quartiere della Vittoria, of course. Tra ville e villoni, ambasciate, conventi, suv e pini marittimi, è qui, nella vecchia sede di Deloitte, che sorgerà il nuovo quartier generale del tennis italiano. “Tra tutti i presidenti federali, io ho sempre avuto la stanza più piccola, e la peggiore”, dice il numero uno della Fitp Angelo Binaghi. “Quando abbiamo avuto la possibilità di prendere questo immobile, non ce la siamo fatta sfuggire. Allo stadio, ogni volta che ci sono le partite di Roma e Lazio, ci mandano via nel primo pomeriggio”. C’è anche un campo da tennis in cemento in quella che un tempo era conosciuta come Villa Pacis, sede della congregazione delle suore di nostro Signore.
 

Da sacro a profano, in queste settimane sono in corso grandi lavori tra gigantografie di Jannik Sinner e della squadra vincitrice di Davis ancora da sistemare, un enorme terrazzo da cui si vedono Roma e i suoi dintorni (quello in cui il numero uno azzurro ha fatto la conferenza stampa dopo la vittoria agli Australian Open inaugurando di fatto la nuova sede e che forse diventerà l’ufficio del presidente) e una ex cappella che si trasformerà entro fine anno negli studi televisivi di SuperTennis, la televisione federale. A Roma è primavera e questo significa che si sta avvicinando la stagione del Foro Italico, il torneo che fino al 2020 rappresentava l’unica grande manifestazione di tennis in Italia e che nel 2021 è stata affiancata dalle Atp Finals. Da Nord a Sud, Italy takes it all. L’Italia si sta prendendo tutto, beni immobili e campioni in carne e ossa. Mentre negli Stati Uniti Jannik Sinner continua la sua campagna verso la prima posizione del ranking mondiale, nella capitale si fanno i conti in tasca alla federazione. “La povertà è sempre stata la nostra ricchezza”, scherza Binaghi. “A forza di essere poveri siamo diventati ricchi”. Miracolo Sinner? “Macché miracolo. Dietro quello che sta succedendo oggi c’è un lungo percorso di valorizzazione. Basta guardare i conti, la crescita è stata costante negli ultimi 20 anni”.  Il valore della produzione per il 2023 è di 152.835.130 euro, l’1 per cento in più rispetto all’anno prima e certamente meno rispetto alle previsioni per il 2024, dove le biglietterie di Roma e di Torino stanno registrando una crescita tale per cui è facile ipotizzare che al PalaInalpi entro l’estate si raggiungerà il sold out di tutte le 15 sessioni (per questo il palazzetto che era stato scelto proprio perché al momento era il più grande d’Italia sta diventando troppo piccolo).
 

Il bilancio di esercizio del 2021 (il primo anno in cui le Finals si sono tenute in Italia) era di 117.462.155, il 150 per cento in più rispetto al 2020, che però era stato l’annus horribilis del Covid. I numeri del 2023 fanno ancora più impressione se paragonati al 2012, quando il valore della produzione era di soli 34.585.584, o al 2001 dove gli incassi non superavano i 5 milioni. “Siamo una federazione anomala. Il 75 per cento del nostro fatturato deriva dalle grandi manifestazioni, quest’anno arriveremo a 190 milioni di euro di incassi, 120 dei quali derivano dai tornei che organizziamo. Poi c’è la Davis, poi ancora il padel. Federcalcio ne fa 206. Noi puntiamo a raggiungere i 200”. Oltre alle grandi manifestazioni e ai campionissimi, i comuni mortali. Anche i tesserati, agonisti e no, fanno cassa. Nel 2001 i tesserati per la federazione erano 129.797, nel 2023 oltre ottocento mila. “L’obiettivo è quello di superare la barriera psicologica del milione di affiliati”.
 

Con questi numeri è difficile temere di non essere riconfermati alla guida del tennis azzurro (dopo le Olimpiadi ci saranno le votazioni per eleggere il nuovo presidente, Binaghi è in corsa per il settimo mandato consecutivo e il suo castello pare essere inattaccabile persino dalla mitologia di questo sport, Panatta, Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli). “A me preoccupa solo che Jannik continui a vincere e che le Finals rimangano da noi”. Rimarranno? “Sì. Siamo sicuri di riuscire a ottenere un rinnovo da parte della Atp. Non sappiamo ancora per quanti anni, dipende dalla nostra offerta, ma i migliori otto del mondo giocheranno da noi anche dopo il 2025”. Forse non a Torino, ma a Milano dove l’anno prossimo sarà pronta l’Arena Santa Giulia, progettata per ospitare le gare di hockey maschile alle Olimpiadi del 2026 e che diventerà il palazzetto indoor più capiente d’Italia. Il tennis azzurro oggi non ha neanche paura della concorrenza che arriva dal Medio Oriente e del Pif, il Public investment fund, il fondo sovrano dell’Arabia Saudita che ha da poco firmato una partnership con l’Atp (e mira a unire circuito maschile e femminile).
 

“Nel 2001, al mio primo giorno di mandato in Federazione, appena sono arrivato mi hanno fermato i guardiani che mi hanno chiesto chi fossi. Ho risposto che ero l’uomo delle pulizie. Sono antipatico. Anzi, antipaticissimo. Ho poca capacità di empatia. Fuori da qui ci odiano, me ne sono fatto una ragione. A me interessano i numeri. All’inizio mi sarebbe piaciuto occuparmi solo di tennis maschile, invece le prime grandi soddisfazioni sono arrivate dalle donne: Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Sara Errani, Roberta Vinci. Spesso ci si dimentica che sono state loro a tenere i piedi tutto quanto”. I numeri di oggi riflettono ciò che succede in campo, un momento d’oro che non riguarda solo Jannik Sinner ma anche Jasmine Paolini, sempre più vicina alla top 10 dopo la vittoria a Dubai, Matteo Berrettini e la sua voglia di tornare, Luca Nardi che ha fatto il suo ingresso tra i grandi battendo il più grande di tutti, Novak Djokovic. Senza dimenticare Sonego, Musetti, Arnaldi, la coppia di doppio Bolelli e Vavassori. A chi gli chiede se, con tutti questi successi, non gli dispiaccia non avere più il tempo di giocare a tennis lui risponde di no: “In verità la cosa che mi manca di più è andare a sciare”. 

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